Nel decennale della morte: il 15 maggio a Cagliari un doppio appuntamento (*)
Ben strano il rapporto fra Luigi Pintor e l’Isola: era di cultura e radici orgogliosamente sarde ma nato (nel 1925) e quasi sempre vissuto a Roma; proprio a Cagliari, dove aveva studiato sino allo scoppio della guerra, fu eletto alla Camera ma si trovava in Sardegna perché il Pci lo considerava un eretico e lo aveva spedito a fare un bagno di umiltà. Prendendo per buona la malattia (il dissenso) e la cura (le masse), la terapia non funzionò se è vero che quando il gruppo de «il manifesto»fu radiato nel novembre 1969, Cagliari era considerata una delle 4 città (Roma, Napoli e Bergamo le altre) nelle quali secondo il Pci «il frazionismo e le attività disgregatrici avevano attecchito»: lo rammenta Marco Ligas, uno dei relatori del convegno di oggi, che proprio in quell’occasione strinse rapporti di amicizia con Pintor.
«Gli venne dato l’incarico di occuparsi dei pastori e dei contadini sardi» ricorda Ligas: «Seppure talvolta a disagio a causa della complessità di questi problemi, Pintor affrontò il suo lavoro con disponibilità e con un atteggiamento teso a verificare forme incisive di impegno politico e sociale e soprattutto con modalità diverse nelle relazioni fra compagni. Organizzava riunioni su questi temi sia nelle sedi ufficiali ma incontrava le persone (e discuteva con loro) anche nelle strade dei paesi, nei bar dove i lavoratori si esprimevano con maggiore spontaneità e indicavano le difficoltà reali, le minacce e i ricatti, che subivano nei rapporti con i proprietari terrieri o gli industriali caseari». Lo scontro con la maggioranza del Pci – che poi esplose nell’agosto del 1968 con l’invasione della Cecoslovacchia – era visibile anche nella lettura della situazione sarda e italiana: così Luigi Pintor finì omaggiato dai giovani anche nei famosi murales di Orgosolo ma considerato «scomodo» da gran parte del gruppo dirigente sardo.
«Un intellettuale scomodo»: proprio questo il titolo dell’appuntamento dedicato a lui che a Cagliari il 15 maggio (il decennale della morte cade il 17) organizzato dal gruppo de «il manifesto sardo». Chi ha conosciuto Pintor ha ottimi motivi per andare al mattino nella Sala consiliare e nel pomeriggio al ghetto di via Santa Croce. A chi nulla sa di lui consiglio soprattutto il reading (letture di Daniela Cossiga e Sante Maurizi) dei suoi articoli. Oltreché intellettuale scomodo fu infatti un grande giornalista capace in 30 righe di raccontare, commentare, inquietare. Parlasse dei limiti di velocità in autostrada o della sua speranza di «non morire democristiano» era sempre sintetico; d’altronde «è noto che meno cose semplici e chiare si hanno da dire e più si chiacchiera» sentenziò una volta.
Leggete queste poche righe. «Le istituzioni hanno più scheletri che armadi. L’unica dissipazione di denaro pubblico incriminata è quella sanitaria, non ammalatevi e non invecchiate, andate prima a morire ammazzati». Parole scritte da Pintor all’inizio del 2000 quando si annunciava la crisi? Macché, il 15 luglio 1984. Quando nel 1989 crollò l’Urss, da eretico commentò: «La “morte del comunismo” è una di quelle formule idiote che non significano niente. Gli ideali possono oscurarsi, non morire. Il comunismo è un’utopia razionale di libertà ed eguaglianza che accompagnerà e motiverà la vita individuale e sociale e troverà sempre nuove espressioni finché il mondo non uscirà dalla preistoria».
Biografia da comunista e ribelle. Entra giovanissimo nella Resistenza (dove muore il fratello Giaime) poi giornalista a «L’unità», da dove si allontana per dissensi con la direzione, dirigente del Pci. Dopo l’invasione di Praga, Luigi Pintor con Valentino Parlato, Luciana Castellina (che saranno al convegno), Rossana Rossanda e altri prende le distanze dall’Urss e fonda la rivista «il manifesto»(nel ’71 diverrà quotidiano, sempre con il vezzo del titolo minuscolo): verranno tutti radiati dal Pci per «frazionismo». Lui da allora combina giornalismo e politica sempre su posizioni di estrema sinistra. Nel 1987 viene rieletto come indipendente nelle liste del Pci ma le strade si biforcano di nuovo. Negli ultimi anni pubblica anche splendidi romanzi: «Servabo», «La signora Kirchgessner», «Il nespolo», «I luoghi del delitto».
Fu un «pessimista» – dicono di lui – soprattutto negli ultimi anni. Definizione che Ligas contesta. «A Pintor non sfuggiva certamente il divario fra l’impegno per una società di persone libere e la possibilità che questo obiettivo si realizzasse: anzi con il passare del tempo vedeva allontanarsi gli orizzonti di una società che mettesse al bando la sopraffazione e lo sfruttamento. E aveva l’impressione che stessero per chiudersi tutti i varchi per una crescita della democrazia. Ritengo che in lui il pessimismo della ragione fosse del tutto complementare all’ottimismo della volontà: non c’era il primato del primo rispetto al secondo». E a sostegno della sua ipotesi Ligas cita la premessa in La signora Kirchgessner: «Si può essere pessimisti riguardo ai tempi e alle circostanza, riguardo alle sorti di un Paese o di una classe, ma non si può essere pessimisti riguardo agli esseri umani».
Il 15 sarà dunque una giornata di incontri, dibattiti, filmati e letture. In mattinata, dopo il sindaco Zedda e l’assessora Enrica Puggioni, due giornalisti, Francesco Birocchi e Ottavio Olita. Nel pomeriggio Ligas, Gianluca Scroccu, Claudio Natoli, Francesco Tronci, Loris Campetti e i già citati Parlato e Castellina. Si sentiranno risuonare antiche parole perdute – come «compagni» – ma che secondo Pintor bisognava ritrovare. Nel 2003, poco prima di morire, in un editoriale (che diventò famoso perché iniziava «la sinistra italiana che conosciamo è morta») Pintor scrisse: «Internazionale, altra parola antica a cui siamo affezionati. Il suo scopo è reinventare la vita in un’era che ce ne sta privando in forme mai viste».
(*) Questo mio articolo è uscito – al solito: parola più, parola meno – ieri sul quotidiano «L’unione sarda». Immagino che molte persone vorrebbero essere oggi a Cagliari; credo però che le relazioni saranno visibili, nei prossimi giorni, sul sito de «il manifesto sardo», comunque vi farò sapere (db).