IL RIVOLUZIONARIO SENTIMENTALE.
UN PICCOLO RICORDO DI LUIGI PINTOR
Massimiliano Coccia 17 maggio 2013
Dieci anni fa moriva Luigi Pintor e con lui se ne andava una delle storie più eterogenee ed estroverse del comunismo italiano. Partigiano, comunista, insieme ad altri fu espulso dal PCI e fondò “Il Manifesto” e insieme a quell’esperienza maturò l’eresia di essere comunisti in un mondo che cambia, che alle frontiere che si sgretolavano opponeva la dittatura del capitale.
Pintor era un sardo semplice, di nobili origini, era crudo e spigoloso nel dipingere senza enfasi un mestiere che andava liquefacendosi e che oggi è del tutto distrutto. Era principalmente un giornalista antiretorico, diceva che dopo mezzogiorno con il giornale ci si potevano incartare le patate o le uova, aveva in mente che quel divario tra ricchi e poveri, Sud e Nord, risiedeva nell’idea interiore dell’uomo di dominare gli altri uomini. Parlava spesso di rivoluzione e costantemente la praticava, si interrogava tantissimo su quale fosse la strada giusta, ma i suoi dubbi non sapevano mai di vezzo intellettuale, erano dubbi materici, pragmatici. Anche nel dubbio era comunista.
Ai giovani che spesso gli si accostavano in incontri, dibattiti, manifestazioni, sembrava impacciato, aveva come unico tarlo l’idea di non chiudersi, di non isolarsi, di continuare perennemente ad essere animati dall’azione. Azione politica che fa uscire dalla solitudine, azione sociale che sovverte piramidi prestabilite.
Ci manca Luigi Pintor, come ci manca l’idea antica della politica, così straziante per passione, empatia, conflitto. Ci manca nell’amore per la tradizione e per l’eresia di essere sovversivi, corsari, limpidamente sfrontati. Tra le pagine sottolineate dei suoi libri, qualche tempo fa mi saltò agli occhi questa frase: "Consiglierei una rivoluzione sentimentale. Di tutte le rivoluzioni o riforme, plebee o aristocratiche, proletarie o borghesi, culturali o morali, nessuna è mai stata progettata come sentimentale."
La dovremmo progettare noi la rivoluzione che voleva Pintor. Magari col sole in faccia e un giornale in tasca, “per perdersi e poi ritrovarsi in un altro mondo, desiderato e possibile”.
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