A Villa Ada, uno dei più bei parchi pubblici di Roma, c’è un viale che porta il nome di Luigi Pintor. Sulla targa c’è scritto: «Luigi Pintor grande giornalista, scrittore ed uomo politico». Quando gli fu dedicato, quel viale, il 4 maggio 2007, era sindaco Veltroni e il fondatore del manifesto – che pure era sempre stato a una distanza siderale dalle idee e dalle posizioni di Walter, quando lui guidava il giornale corsaro e l’altro era leader di punta degli “svoltisti” – avrebbe molto apprezzato il riconoscimento. E anche le parole che pronunciò il sindaco, scoprendo la targa: «Questo è un luogo di riflessione ed è giusto intitolarlo ad un uomo come lui. È sempre stato un osservatore impegnato, guardava le cose, le esaminava ma le partecipava anche. Convinto delle sue idee ma allo stesso tempo persona libera».
Pintor avrebbe gradito enormemente di vedersi ricordato in un angolo del parco romano dai vasti prati verdi punteggiati da alberi secolari, dove i ragazzi giocano a pallone, i bambini si divertono, le mamme li guardano tranquille e le coppie si scambiano effusioni. Pintor amava la natura. Andava volentieri in Toscana, nella sua piccola casa di campagna vicino Saturnia, quando non era ancora di moda. Una volta raccontò di essere rimasto strabiliato vedendo un palo che aveva conficcato qualche tempo prima per costruire un recinto perché vi aveva notato spuntare dei germogli. Quel che sembrava un pezzo di legno senza vita in realtà era ancora vivo e vegeto e aveva ancora voglia di crescere.
Pintor sarebbe stato parecchio meno contento di leggere quell’“ed” sulla sua targa. Pignolissimo ed elegantissimo nella scrittura, non si stancava di correggere le nostre ineleganze stilistiche che considerava brutti errori. La “d” aggiunta alla congiunzione va messa solo quando la parola che segue inizia con la stessa vocale: “ed uomo politico” gli avrebbe fatto rizzare i peli come un graffio sullo lavagna. Quando il gruppo del manifesto e anche di ex del manifesto vide quella targa non potè fare a meno di darsi di gomito mentre Walter parlava. Pensa che direbbe Luigi.
Per Pintor, il dettaglio era tutto. Il tono era tutto. Tutto si può dire se trovi il tono giusto. Musicista esigente, era sensibilissimo al suono, al ritmo, all’armonia. Lui stesso suonava bene il pianoforte ma molto raramente si esibiva, e solo per i veri amici. Ammirava Maurizio Pollini, forse gli piaceva anche quel suo mix di eleganza e introversione, e credo pensasse che solo a quei livelli fosse lecito suonare di fronte a un pubblico, sia pure piccolo.
Domani sono dieci anni dalla sua morte. Molti considerano Luigi Pintor il miglior giornalista italiano del secolo. Enrico Berlinguer lo disse in un’intervista, e Pintor che stimava il conterraneo, pur non condividendone molte idee, ne fu molto lusingato. Un altro giornalista del suo talento non si è visto, dopo la sua scomparsa. Imbattibile nei corsivi, negli editoriali brevi, che corrispondevano perfettamente alla sua essenzialità, alla sua sobrietà autentica. Diceva che Michelangelo lavorava intensamente con lo scalpello per toglier via tutto il superfluo e fare quelle sculture che lasciano a bocca aperta. E anche lui lavorava ore a un pezzo che poi leggevi in qualche minuto. Dietro quella semplicità c’era una complicata fatica di rifinitura, un lavoro sulle minuzie durante il quale Luigi era semplicemente intrattabile. Entrare nella sua stanza, caso mai solo per dirgli che bisognava fare i titoli della prima, mentre scriveva un editoriale, era missione ad alto rischio. Il minimo che ti capitasse è che alzasse gli occhiali sulla fronte e ti guardasse come un marziano impertinente.
In dieci anni è cambiato il mondo. Come l’avrebbe presa, Pintor questa serie incessante di vicende indecifrabili che non si sa dove conducono il nostro mondo? Luigi era un comunista e orgoglioso di esserlo, “eretico” ma fino a un certo punto. Non faceva un feticcio della scritta “quotidiano comunista”. E quando provocatoriamente affermava che si poteva pure toglierla, quella scritta, lo faceva per saggiare le reazioni. Mai l’avrebbe tolto. Si troverebbe smarrito in questo mondo dove non esistono più partiti che si chiamino comunisti e, dove esistono, fanno semplicemente paura? Pintor resta un uomo del Novecento, anche nel suo tenace battere i tasti dell’Olivetti quando anche Rossana, Michelangelo e gli altri “vecchi” (ma non Valentino) usavano disinvoltamente il computer. Eppure la sua frase con cui amava definire il manifesto («è un paradosso come il calabrone: ha le ali troppo piccole rispetto al suo corpo per poter volare eppure vola») potrebbe essere adatta a descrivere tante delle micro-imprese politico-giornalistiche che oggi sulla Rete stanno rinnovando e rilanciando la politica e ridando senso al discutere e fare politica, diversamente da chi preconizzava la fine del giornalismo di agitazione e dell’idea – fondativa del manifesto – del fare politica attraverso il giornalismo e fare giornalismo politicamente.