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In preparazione dell'Assemblea del 29 giugno

 

 

Il contributo di GIACOMO CASARINO - Università di Genova



Ho partecipato unicamente alla “fatale” assemblea Circoli – redazione del 4 novembre 2012, quindi il mio punto di vista può risultare poco informato e parziale. Già la mancata risposta alle domande di Rossana del settembre antecedente, ma poi l’andamento della riunione ed il successivo ribaltamento del suo esito da parte della redazione sono stati, a dir poco, estremamente illuminanti quanto sconvolgenti. Non c’è molto da aggiungere al riguardo.

Io penso, a costo di apparire rinunciatario, che la situazione che è venuta a determinarsi, specialmente dopo la vendita delle quote da parte della S.P.A., sia irreversibile e che non occorra affannarsi attorno alle sorti dell’attuale quotidiano, del suo (dis)orientamento e della sua direzione. Lasciamolo andare alla sua deriva, abituiamoci, come a me (in qualche modo co-fondatore nel lontano 1971) è riuscito di fare, cerchiamo di rompere con esso ogni “connessione sentimentale”, anche se vedere questo prodotto editoriale andare sotto l’insegna storica del Manifesto può pesarci psicologicamente non poco. Guardiamo avanti e altrove (la Fondazione Pintor, da questo punto di vista, mi pare un’ottima cosa).

Non possiamo peraltro nasconderci il fatto che negli ultimi cinque-sei anni (e forse più) la tensione politica, dentro e attorno al giornale, era calata, sostituita da un sorda rissosità; che il cambio di direzione (da Polo - Ciotta a Rangeri) a suo tempo è avvenuto quasi in sordina, senza che ne fossero rese di pubblico dominio le motivazioni. E’ inutile piangere sul latte versato: io penso che l’esito conclusivo (lo “spodestamento” del gruppo storico) sia la conseguenza soprattutto di battaglie politiche non date ed inoltre di un mancato dibattito e aggiornamento del patrimonio culturale del vecchio Manifesto, in presenza di un mondo “ribaltato” rispetto agli anni ’70. Ciò che è valso a far prevalere all’interno del peraltro già composito vecchio gruppo redazionale il pluralismo (la divaricazione?) delle scelte politiche rispetto ad un “punto di vista” originale che nel frattempo era andato affievolendosi. Non abbiamo scorto il prevedibile sbocco dell’eterna transizione italiana (l’attuale, non effimero connubio PD-PDL), il che ha reso precaria ed equivoca la collocazione del giornale e sempre più scarsa la presa sul pubblico costituito da una variegata (ma forse sempre più radicalizzata) “sinistra diffusa”.

 



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