I SOVVERSIVI
25 febbraio 2003
di Luigi Pintor
La guerra non è ancora scoppiata ma già percorre fisicamente il nostro territorio. Non si tratta di basi militari circoscritte, della Maddalena o di Aviano o della celebre Sigonella, né di navi alla fonda o di spazio aereo concesso per sbrigative operazioni di polizia internazionale. Carichi di armi e munizioni corrono sui binari delle nostre ferrovie e si imbarcano nei nostri porti. Forse li incroceremo sulle autostrade. Siamo nel 1914 ? Nel 1940 ? E’ da mezzo secolo che non sentivamo nell'aria di casa questo rumore di scarpe chiodate, di sciabole e baionette che però non sono armi da taglio ma da sterminio annunciato, questo odore coloniale che mi ricorda stranamente la spedizione abissina. Non è il Kosovo, non è il Kuwait, non c'entra neanche la Nato e tantomeno l'Onu. Neppure la Turchia è un avamposto così zelante di questa guerra unilaterale e così esposto come lo siamo noi.
Meno di due anni fa l'onorevole Berlusconi si propose sul mercato elettorale come un presidente rassicurante che offriva al paese un percorso in discesa. L'onorevole Fini vestiva in borghese e l'onorevole Bossi non sventolava il tricolore. Escluderei che avessero in mente una militarizzazione nazionale a sostegno di una guerra guerreggiata. C'è dell'imprevisto, in questo scenario, una improvvisazione che è più allarmante di un freddo calcolo. Forse è una via di fuga dai guai della politica interna, una tentazione avventurista per partecipare in stile mussoliniano al bottino di pace.
Perché si sorprendono dell'ostilità popolare? Questa forzatura e accelerazione governativa. questa importazione preventiva dell'emergenza bellica sul bel suolo italico, questa graduale promozione della penisola da retrovia ad avamposto, avvengono scavalcando la comunità internazionale e anche le istituzioni nazionali. Ma soprattutto avvengono disdegnando l'opinione dei quattro quinti della cittadinanza. Credono davvero che sia disinforrnàzia ?
Un secolo fa ostacolare i convogli di armamenti era nelle tradizioni del movimento operaio e della cultura socialista o anarchica. Erano chiamati sovversivi. Ma oggi non si tratta di minoranze o di militanti aizzati (il telecomando è tutto vostro), oggi questa mobilitazione è accompagnata da un rifiuto generalizzato della guerra che lo esprime con ragionata passione. E contro il sovversivismo delle classi dirigenti, come lo chiamava uno che ne patì le conseguenze. E’ una mobilitazione civile anche contro il terrorismo che sui vagoni di armi fa il suo nido.
Non è nel contratto di lavoro di un macchinista o di uno scaricatore di porto guidare un treno militare o issare mortai con le gru. Mettiamoci (metteteci) dei bravi genieri, coprite i vagoni con teli mimetici, usate le chiatte invece delle banchine. Ricorrete a dei sotterfugi adeguati, insomma, come fate con quell'altro contratto che è la Costituzione repubblicana.
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