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ISTITUZIONI A

DELINQUERE

 

 

 

 

 

Da ieri, il peculato, l’estorsione e il furto sono legalizzati e non punibili, purché siano rivolti a fini politici, con particolare riferimento ai partiti isti­tuzionali e al loro finanziamento.

Lo ha deciso il senato della repubblica col voto di tutti i partiti interessati. Non è una cattiva decisione. Per analogia, bisogna ritenere che anche l’assalto a mano armata, il sequestro di persona, ed altre pratiche oggi universalmente diffuse per fini politici, per non dire di altre attività commerciali come le aste truccate, il commercio di droga o il millantato credito, o di bazzecole cor­renti come il falso in atto pubblico, l’abuso di poteri di ufficio ecc., cesse­ranno presto di far parte dei reati pre­visti dal codice penale, quando a pra­ticarli siano delle associazioni interpar­lamentari.

Bisogna leggere e rileggere, per persua­dersene, la motivazione con cui il se­nato ha negato l’autorizzazione a pro­cedere contro tre senatori democristia­ni e tre senatori della sinistra invischia­ti, con altre 671 persone, nel vetusto scandalo Ingic (imposte di consumo) che vent’anni fa vide la « distrazione » di svariati miliardi di denaro pubbli­co a beneficio dei vari partiti e dei lo­ro esponenti.

C’è scritto — nella mo­tivazione dell’anch’egli vetusto demo- cristiano Bettiol, esperto penalista — che « gli avvenimenti connessi ai co­siddetti (?) fatti dell’Ingic si ricolle­gano alla mancata soluzione dello scot­tante e sempre attuale problema del finanziamento dei partiti: problema che ha sovente messo i rappresentanti di questi ultimi nella pressante condizio­ne di reperire i mezzi necessari per il funzionamento di quelli che sono poi i supporti su cui si regge tutto il siste­ma costituzionale ». Bisogna ben capi­re che « tutti i partiti hanno bisogno di finanziamenti che evidentemente vanno cercati anche al di fuori della cerchia dei loro iscritti ». È un proble­ma che « trascende le persone degli im­putati », un « fenomeno politico » che non può essere penalmente perseguito.

È una delle cose più belle, più candi­de, più affascinanti che abbiamo letto negli ultimi dieci anni. È incoraggian­te per tutti. Basterà che vi troviate in una « pressante condizione » perché nessuno vi neghi il diritto di assaltare la prima diligenza: finalmente una con­cessione egualitaria e libertaria della vita. D’altronde, non è poi sempre nel­la propria « cerchia » che ci si può ar­rangiare: qualunque banca poco custo­dita, allora, andrà bene. Purché vi co­stituiate in pilastro dell’ordine costitu­zionale, come privato o meglio come partito e soprattutto come parla­mentare.

Vi sbagliate se credete, però, che que­sta licenza di rubare per fini istituzio­nali sia la sola da oggi in vigore. C’è anche la licenza, più volgare se si vuo­le ma altrettanto rivoluzionaria, di eser­citare lo spionaggio telefonico. Non c’è stata ancora una vera sentenza, ma verrà, verrà: la libertà provvisoria con­cessa a Tom Ponzi e Beneforti ne fa fede. Chi si lamentava che fossero fi­niti nella rete solo i pesci piccoli? No, neppure quelli, tutti tornano felici a sguazzare in libere acque sia pure in­quinate (di petrolio), e perciò partico­larmente fesso, quel Nixon che rischia addirittura di perdere la presidenza per un affaretto di dilettanti. E che forza, la nostra magistratura: basta un picco­lo « conflitto di competenze » e buo­na notte. Per qualcuno, un simile con­flitto significa nessun processo e gale­ra a vita, per altri nessuna indagine e libertà fulminea.

In compenso, l’attore Mario Pisu si è fatto un mese buono di galera perché non aveva spedito in tempo la denuncia dei redditi. Ancora un po’ lo fucila­vano sulla porta di casa. Ecco uno che non dubiterà dell’efficienza e precisio­ne della nostra macchina amministrati­va. In galera avrà trovato rinchiusa, e non per un solo mese, un bel po’ di gente, purtroppo priva di licenza isti­tuzionale a delinquere.

 

(13 maggio 1973) 



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