OSSI DI
PRESIDENTE
La poesia è giù di moda, negletta e ancella, in questo mondo disumano e disumanistico. Perfino Leopardi, lirico infelice, è manipolato da Agnelli, che gli somiglia poco nonostante le animalesche risonanze dei due nomi.
E le giovani generazioni contestatrici certo non hanno plasmato il loro gusto estetico, come tanti quarantenni di oggi, sugli « ossi di seppia » e sulle « occasioni » di Eugenio Montale. Del quale, però, a loro consolazione, le giovani generazioni potranno d'ora in poi apprezzare, se non le liriche degli anni '30, le elegie degli anni 70 in onore di Giuseppe Saragat. Sia pure non sulle edizioni Einaudi ma su un'edizione speciale dell'organo socialdemocratico: L'Umanità.
Il poeta che siede oggi a Palazzo Madama, per nomina presidenziale, disegna il profilo del primo telegrafista del paese come quello di un « esemplare raro », di « un uomo per il quale le grandi voci del nostro risorgimento hanno ancora un senso », che sa quindi far suonare dolcemente parole come « patria, giustizia, libertà », la cui cultura e il cui spirito confidenziale « sono diffusi nell'aria verso cui perciò sale una « voce sotterranea di consenso ».
Ma la poesia non si può riassumere, perde la sua armonia. Quest'opera mon-taliana estrema deve assolutamente nutrire le antologie scolastiche e figurarvi — per sottolineare la continuità di una poetica — col titolo « ossi di presidente ». O forse anche, tenendo conto della fortuita coincidenza con le elezioni presidenziali, semplicemente « occasioni ». Dal vento che suona attento come corno inglese tra gli alberi, allo spirito di Giuseppe che si diffonde nell'aria di dicembre.
(9 dicembre 1971)
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