CRISI ECONOMICA, CRISI SOCIALE,
CRISI POLITICA, CRISI CULTURALE
di Valentino Parlato - 20 maggio 2015
Lo scritto di Roberto Musacchio, che potete trovare sul sito della Fondazione Luigi Pintor, va assolutamente letto. Innanzitutto – e parlo per me e la mia generazione – perché esprime la tristezza e, anche, il disorientamento di chi si era impegnato in politica per cambiare il mondo e ora non smette di lamentare lo stato presente delle cose e, ancora di più, delle persone. Quelli della mia generazione sono tristi e delusi, ma i giovani non hanno neanche le speranze che, ai nostri tempi, ci spingevano a pensare ed agire. Erano, ricordiamolo, i tempi del famoso “miracolo italiano”. La bella scrittura di Musacchio descrive e rappresenta il presente e il suo dolore, ma non è mai fuga.
Non dobbiamo nascondercelo o farci ingannare da qualche ripresina. Siamo in una crisi epocale del sistema capitalistico, ma in vista non c’è nessuna rivoluzione, quasi che la crisi capitalistica uccida anche gli avversari del capitalismo. C’e’ una grande crisi capitalistica, ma gli antagonisti storici del capitalismo stanno un po’ peggio dei capitalisti; questa è la realtà che sta sotto i nostri occhi. La crisi è economica, ma anche sociale e culturale. Sindacati e partiti di sinistra sono indeboliti e anche in difficoltà culturale: pensiero debole e mancanza di obiettivi che non siano puramente e debolmente difensivi.
Questa situazione Marx l’aveva prevista quando scriveva che “lo sfruttamento del lavoro vivo diverrà una ben misera base per lo sviluppo generale della ricchezza”, ma sul possibile futuro nel Capitale non scrive e le possibilità di una rivoluzione sono trattate solo nel “Manifesto” di Marx ed Engels. Questa citazione l’ho trovata nel “Sarto di Ulm’ di Lucio Magri, opera della qual raccomando la lettura, soprattutto la Appendice che ha per titolo “ Una nuova identità comunista” (1987) nella quale Lucio affrontava, ben prima di noi, i pesanti problemi che abbiamo di fronte e che, quasi, ci ammutoliscono. Leggere e rileggere Lucio è da fare seriamente. Insomma il capitalismo è in una crisi gravissima e, direi, finale, ma non ci sono indicazioni sulla via di uscita.
Siamo nel pieno di cambiamenti profondi del capitalismo storico, quello che abbiamo conosciuto, e siamo in una crisi di caduta della produzione. E quando i giornali segnalano con ottimismo, quasi si fosse a una svolta, che il Pil è cresciuto dello 0,5 o 0,7 per cento; mi viene da ricordare che anche nelle malattie mortali talvolta ci sono segni di miglioramento temporaneo, che non cambiano affatto l’esito finale.
Siamo di fronte a cambiamenti profondi nei modi di produzione; pensiamo solo alla rivoluzione delle macchine e alla globalizzazione e alla fine delle economie nazionali se non addrittura delle nazioni, degli stati indipendenti (basta vedere quel che sta producendo la moneta unica in Europa. Come ci aiuta a capire “La nuova rivoluzione delle macchine” di Erik Brynjolfsson e Andrew Mc Afee (Feltrinelli), oggi le macchine non solo sostituiscono la forza fisica dei lavoratori, come a suo tempo la macchina a vapore, ma anche l’intelligenza dei lavoratori e cosi la storica classe operaia perde il suo relativo primato. Ma cambia anche sostanza e ruolo il padrone, che da imprenditore, capitano d’industria che si occupava della produzione oggi è impegnato a far denaro con il denaro, senza la mediazione delle merci . E ancora finanziarizzazione e globalizzazione riducono il potere degli stati nazionali e, quindi, dei parlamenti e dei partiti nazionali . E’ il tramonto della vera politica e dei grandi obiettivi di riforma: prevale, a livello di gruppo e individuale, l’arte di arrangiarsi. L’innegabile grande successo di Matteo Renzi e del suo “partito della nazione” si fonda sulla rottamazione delle istituzioni democratiche a vantaggio del potere personale e, come si sa, il potere personale e’ essenzialmente di destra. Non dimentichiamo che Mussolini già da socialista era molto attento al suo potere personale. Con questo non voglio dire che Renzi stia sulle tracce di Mussolini, ma che può incoraggiare nuovi personaggi di destra.
L’altra grande novità è la globalizzazione. Il mondo è diventato (anche per il progresso tecnico) comunicante e si è scatenata una nuova concorrenza sui prodotti , le imprese e il lavoro umano. Non ci sono solo la Cina (che è il maggior creditore degli Usa) e l’India, ma un’infinità di paesi grandi e piccoli che portano sul nostro mercato merci e persone e imprese. In Italia la storica Pirelli è diventata cinese, l’Alitalia un po’ araba, la Fiat americana. E in Europa non si è fatta l’unità politica, ma quella monetaria che riduce l’autonomia politica degli stati, non in base a un accordo contrattato, ma in base al pareggio di bilancio, (che abbiamo messo pure in Costituzione) che ha messo al primo posto l’assurda religione dell’austerità. A scuola ci insegnavano che e’ il sovrano a battere moneta in Europa sovrana è la moneta che decide chi può essere sovrano e chi no (vedi la vicenda della Grecia).
Crisi economica, crisi sociale, crisi politica, crisi culturale: questa la nostra attuale realtà. In questa situazione Franco Cassano nel suo ottimo volumetto sul vento della storia che non soffia più a favore del mondo del lavoro ci dice che bisogna ricostruire il popolo e Maurizio Landini propone di lavorare alla formazione di una coalizione sociale, cioè a una convergenza delle forze sociali in difficoltà. Ottime indicazioni, ma allo stato attuale con scarso seguito nonostante la grande e forte manifestazione della Fiom per lanciare appunto la coalizione. Tutti i democratici dovrebbero impegnarsi a realizzare questi obiettivi. Questa è la politica che ci vuole oggi e ci vuole un lavoro culturale per analizzare e capire la dinamica dell’attuale crisi epocale e costruire la speranza. È un proverbio reazionario quello che dice che “chi di speranza vive, disperato muore”: tutti i movimenti che hanno migliorato le condizioni di noi umani si sono fondati sulla speranza di cambiare e quindi sullo studio e l’organizzazione.
E, per finire, un sentito grazie a Roberto Musacchio.
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