LE RAGIONI DEL COMUNISMO
di Valentino Parlato - 2 febbraio 2014
Lunedì 27 gennaio, c’é stato a Roma, nella Casa delle Culture un interessante e appassionato dibattito sull’interrogativo se sia realistico pensare che il comunismo sia ancora possibile nella situazione attuale. Provo ad avanzare alcune mie considerazioni per continuare la discussione.
Nel 1917, dopo le rivoluzioni borghesi, ci fu una rivoluzione chiamata comunista. Una rivoluzione di elite, in un paese feudale e sconfitto nella prima guerra mondiale: la Russia. Questa rivoluzione nonostante tutti i suoi gravi limiti ha avuto meriti rilevanti: modernizzare la Russia dare un contributo decisivo alla sconfitta del nazifascismo nella seconda guerra mondiale. Il primo carro armato entrato a Berlino batteva la bandiera rossa. Aggiungo che nel secondo dopoguerra contribuì all’emancipazione di molti paesi. Ma poi c’é stata la crisi e la fatale caduta del Muro di Berlino che trascinò in crisi e dissoluzione tutti i partiti comunisti d’occidente, compreso il forte e prestigioso PCI.
A questo punto però non farei a meno di ricordare l’esperienza del giornale, il manifesto, e di avanzare il dubbio che se il PCI allora avesse rotto con l’URSS, forse sarebbe andata un pò meglio. Ma torniamo al buon Marx che nel 1848 aveva scritto il manifesto del partito comunista. L’analisi di Marx metteva in piena luce la crisi inevitabile del capitalismo. Certo molto tempo è passato dai tempi di Marx e siamo in pieno capitalismo. Voglio però aggiungere che anche il feudalesimo è durato secoli prima di essere abbattuto dalle rivoluzioni borghesi e in forme diverse durò anche con il capitalismo dominante.
Dette queste cose dobbiamo riflettere sulla grave crisi del capitalismo dei nostri giorni e anche (molti dissentiranno) sulla crescita culturale e civile degli umani. E aggiungerei (ne scriveva la nostra Carla Ravaioli) i limiti oggettivi alla crescita (questo nostro globo è limitato)
La crisi capitalistica è sotto i nostri occhi: non è detto che il capitalismo crollerà adesso, ma andrà sempre peggio. Bisogna tornare all’insegnamento di Marx, rivedere (siamo in una crisi del profitto) il suo argomentare sulla caduta tendenziale del saggio di profitto, sulla crescita della composizione organica del capitale (il trionfo del progresso tecnico e il minore impiego di lavoro vivo potrebbero diventare la causa determinante della crisi finale). Insomma, sto semplificando, siamo in una possibile crisi finale del capitalismo, ma ciò non significa affatto che passeremo automaticamente al socialismo: lo conferma nel modo più convincente l’attuale crisi che sta producendo disperazione e barbarie. Ma se le cose stanno in questo modo e incombono pericoli di autoritarismo e anche forme nuove di fascismo, tanto più bisogna essere comunisti: per combattere i pericoli per dare speranze a masse sempre più smarrite e sfiduciate.
In anni passati si diceva: socialismo o barbarie, oggi siamo a questo bivio. Oggi siamo a questa alternativa, per questo dobbiamo assumere che il comunismo sia ancora possibile. Una lunga e grave crisi del sistema capitalistico nel quale viviamo produce solo barbarie e neppure moderna. Per questo è da oggi che dobbiamo impegnarci; la prospettiva più probabile è quella di un lungo periodo di imbarbarimento.
L’agonia del capitalismo non sarà un pranzo di gala.
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