Luigi Pintor
Il segretario americano alla difesa Donald H. Rumsfeld non è certamente un pazzo, se lo fosse non ricoprirebbe una carica così importante. Se però leggete lo scritto che ha pubblicato qualche giorno fa su un importante giornale italiano vi viene un forte sospetto.
In questo scritto non estemporaneo, che fa riferimento a un rapporto presentato al congresso americano, il segretario alla difesa trae spunto dalla catastrofe dell'11 settembre per denunciare l'arretratezza degli eserciti e degli armamenti moderni e delle tattiche e strategie militari usuali rispetto ai probabili scenari delle guerre future.
Non parla solo della guerra in corso contro il terrorismo internazionale, ma delle guerre al plurale che l'America e i suoi alleati dovranno affrontare nel XXI secolo. Le quali saranno diverse non solo da quelle del secolo passato ma anche da quelle in corso, combattute con armi imprevedibili e con effetti inconcepibili, così come imprevedibile e inconcepibile ci è giunta la sorpresa dell'11 settembre.
In che cosa consista questo adeguamento dei sistemi militari e dei criteri strategici ai futuri scenari di guerra non risulta chiaro. Si accenna a una presenza diffusa in molte aree geo-politiche di presidi americani in armi combinata a capillari meccanismi di prevenzione e a un'estrema prontezza e elasticità di riflessi. Ma chiaro e allucinante è lo scenario prospettato. Lo scenario di uno stato di guerra permamente e planetario. Uno stato di guerra fluido ma non soltanto potenziale bensì effettivo, nutrito di continue "sorprese", che oggi può avere un nemico e domani un altro, senza confini di spazio e di tempo.
E' pazzo, il segretario americano alla difesa Donald H. Rumsfeld? Sia come sia, certamente pazzesco è questo scenario che dipinge e che prospetta senza sfumature ai suoi connazionali, a noi, ai nostri figli e nipoti e ai cittadini del mondo che hanno e avranno (forse) la ventura di vivere nel XXI secolo.
Un futuro di questo genere è con tutta evidenza insostenibile. Capisco che mentre c'è una guerra molto concreta già in corso la gente si preoccupi soprattutto del presente e ci si ritragga dal pensare al futuro. Ma Donald H. Rumsfeld lo fa e mi domando come mai non c'è oggi al mondo uno statista, un personaggio politico rappresentativo, un'istituzione internazionale, un consesso civile che parlino un altro linguaggio.
Siamo entrati in un corso storico in cui la guerra non è la prosecuzione della politica con altri mezzi ma l'unica politica? Siamo passati dal pensiero unico generico al pensiero unico armato? Dalla globalizzazione economica alla militarizzazione globale? Se Donald H. Rumsfeld non è pazzo, queste domande non sono apocalittiche ma desolatamente realistiche.
il manifesto 4 novembre 2001
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