Luigi Pintor
Sarebbe importante capire che cosa ha in mente il presidente degli Stati uniti quando dice che il peggio deve ancora venire e comincia ora. Si riferisce alla guerra afghana? Si riferisce al terrorismo? Si riferisce al quadro politico-militare mediorientale? Si riferisce a nuovi fronti di guerra?
La guerra afghana continuerà per bande e forse il peggio deve ancora venire per quelle popolazioni, che ancora patiscono i bombardamenti e patiranno il freddo e la fame. Ma il governo talebano è caduto, le sacche di resistenza cederanno, sul piano militare gli americani dovrebbero essere soddisfatti. Che cosa temono?
Non hanno mai detto di voler occupare e presidiare quel territorio, se impegnano qualche migliaio di marines e berretti verdi sarà per una caccia alla volpe bin Laden. Correranno un rischio limitato che non spiega l'allarme di Bush. Governare e stabilizzare quel paese anche per interposta persona, con quegli alleati interni ed esterni infidi e mossi da interessi contrastanti, è pressoché impossibile ma non è una sorpresa. E allora?
Non è neppure che il presidente americano, che parlava ai soldati, si riferisse al rischio di nuovi attentati terroristici in grande stile. Forse non è vero che bin Laden ha il fiato corto e che la sua organizzazione è mal ridotta, come pure gli angloamericani assicurano. Però non hanno compiuto neanche un atto dimostrativo in queste settimane di guerra e i messaggi che lanciano sono difensivi e poco credibili. Il terrorismo ha radici profonde che l'occidente innaffia e ce ne accorgeremo ma non è questo il peggio annunciato in termini sibillini dal presidente.
Teme allora che il prolungarsi della guerra e del disordine nell'area, sommato alla cancrena palestinese, disarticoli la coalizione politica mediorientale e internazionale incollata a caldo dopo l'11 settembre? O vuol mantenere in tensione l'opinione pubblica del suo paese perché le conseguenze illiberali e speculative della guerra sul piano interno restino sullo sfondo e la sua leadership non si appanni? Questo è probabile e quasi ovvio.
Ma il peggio che deve ancora venire, in stretto riferimento alla guerra, ha un suono più sinistro. Sembra alludere a nuovi sviluppi militari che una parte dell'amministrazione americana ha messo nel conto fin dall'inizio, indicando anche i bersagli (principalmente l'Iraq) e senza escludere il ricorso a mezzi estremi. Non è così? Ci fasciamo la testa prima di rompercela?
Sarebbe proprio il caso. La Francia ha già detto che siamo su una cattiva strada. Il ministro Martino ha esternato qualche preoccupazione in più non prima ma dopo la caduta di Kabul. I nostri ragazzi, come li chiamiamo retoricamente, vanno in quell'area sotto comando americano in un contesto mutato e con un dispositivo architettato dal parlamento che non li tutela di fronte a evenienze impreviste. Una parte almeno di quel 90% di rappresentanti del popolo che si sono assunti questa paurosa responsabilità dovrebbero pretendere qualche rassicurazione, con l'autorità che gli viene dall'aver salutato i nostri ragazzi alla partenza non si sa più per dove e per far cosa.
il manifesto 23 novembre 2001
© 2013-2017 FondazioneLuigiPintor
tutti i diritti riservati
CF: 97744730587 – P.IVA: 12351251009