LO STATISTA
Luigi Pintor
Se il buon giorno si vede dal mattino allora comincio a credere anch'io che il governo Berlusconi tramonterà velocemente. Il suo leader si sta comportando come il solito elefante tra le solite cristallerie o porcellane (meglio porcellane). Forse la vittoria è più grande di lui e l'ha tramortito, un giorno lacrima e un giorno smania. Aveva promesso di star zitto per un po', dopo il profluvio elettorale, e invece esterna in continuazione e slitta su ogni buccia di banana che si trova tra i piedi.
Fa pensare a un cameriere assai servizievole ma inesperto che deve accontentare troppi commensali. Commensali avidi e crapuloni, che non stanno stare a tavola e mangiano con le mani, che trattano il padrone di casa come neanche un capo sala ma un immigrato clandestino. E lui si fa in quattro, profondendosi in rassicurazioni, timoroso del licenziamento facile e del foglio di via.
Ha cominciato con la controversa nomina del Wto Ruggiero alla Farnesina, che tanto valeva mandarci addirittura il senatore Agnelli. Perché no, una scelta alta come si suol dire che è diventata bassa come un pettegolezzo, che ora non si chiama più mercato delle vacche essendo il nobile animale disgraziatamente impazzito. Con due terzi del parlamento nazionale in mano il decisionista di Arcore convoca i giornalisti per convincersi di essere il presidente del consiglio che sceglierà i suoi ministri senza usare il manuale Cencelli. E magari metterà Casini alla difesa perché ha il nonno decorato nella guerra di Crimea.
Ma ieri il più votato d'Italia ha battuto il record facendosi ridettare dalla Confindustria e dal suo impudico presidente gli adempimenti dei primi cento giorni di governo e accogliendo la comanda sul posto, col tovagliolo sotto il braccio, togliendosi la biro dall'orecchio per appuntare sul taccuino: licenziamenti facili e detassazione per le imprese di imballaggio e altre intimità. Uno statista deve saper fare scelte impopolari, questo lo diceva anche D'Alema e Berlusconi pappagalla, ma c'è un anagramma: lo statista fa pensare piuttosto a un tassista, chiamato schioccando le dita. Cosa succederà, quando le schioccherà un cardinale?
D'ora in poi la politica non salverà neppure le forme, ammesso che finora le abbia salvate. Queste passerelle dei governanti di fronte ai poteri forti, questo chiacchiericcio da sala corse, questi pedaggi e tangenti da biscazzieri, avvelenano la democrazia più di quanto l'effetto serra avveleni l'ambiente. Non si sa se sia peggio la cupidigia di servilismo degli uni (bella espressione di V.E. Orlando) o l'avida prepotenza degli altri.
Purtroppo non è vero che questo goffo inizio fa ben sperare. Fuori dal coro si sente solo la voce di Cofferati, l'ex ministro Letta spera solo che gli industriali si accorgano di aver perso con lui un vero amico e l'opposizione che oggi non c'è o cincischia chissà se domani ci sarà. Se uno pensa che l'ex segretario generale della Cisl vuol fare il ministro del governo più a destra della storia nazionale si sente male. Perfino il sen. Andreotti non si sente tanto bene.
il manifesto 25 maggio 2001
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