NE' PIU' NE' MENO
Luigi Pintor
Qualcosa è successo. Berlusconi e Fini hanno mollato, o almeno allentato, la presa. Il cavaliere esce fisicamente da Palazzo Chigi, anche se ci lascia dentro una sua creatura (e due miliardi di spese di restauro). La linea «o me o le elezioni», che non era contrattuale ma netta, è caduta. Non è neppur detto che ci saranno elezioni a breve, e comunque non sarà lui il gestore. Prendiamo e portiamo a casa.
Né più né meno che questo, però. Il governo che (probabilmente) nascerà resta pessimo. Non solo per la figura del suo presidente ma per la sua funzione. Un governo della destra economica concentrata, superconfindustriale. I mercati esulteranno, perché tutti saremo (più che mai) considerati merce.
Un governo inserito in un quadro politico oscuro e anche torbido (circolano assai strane notizie) aperto a qualsiasi sbocco. Togliamoci dalla testa che si apra una «tregua», o peggio una parodia di «unità nazionale». Se ci sarà una maggioranza dai fascisti ai progressisti, il distacco della politica dall’animo pubblico diventerà abissale.
Dire che Berlusconi e Fini hanno allentato la presa non significa che abbiano perso il manico del coltello. Un passo indietro e due avanti. Berlusconi lancia dagli schermi nuovi proclami liberatori. Forse il carro della destra sta semplicemente accrescendo il suo carico al centro. Forse, se finora avevamo un «nemico principale», oggi ne abbiamo più d’uno.
Eppure questa crisi è anche il frutto di un movimento popolare che non si è espresso a destra ma in senso democratico. Quando capiremo, a sinistra, che bisogna cambiare terreno di gioco, respirare e far respirare aria nuova, uscire con le proprie idee e una propria unità da un labirinto che ammette solo vie di uscite negative? Non esiste il meno peggio.
(il manifesto del 14 gennaio 1995)
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