I’Unità / martedì 4 dicembre 1973
Trentanni fa cadeva a Castelnuovo Volturno il glorioso partigiano comunista
Intorno al cippo di
Giaime Pintor
Celebrato il, primo dicembre l’anniversario della morte - Le commosse parole di Lucio Lombardo Radice e la testimonianza del sindaco dc di Rocchetta - I ricordi dei contadini montanari - La figura di Giaime negli scritti di Giorgio Amendola, di Mario Alleata, di Franco Rodano, del fratello Luigi negli anni immediatamente successivi alla morte - Appassionata partecipazione unitaria alla manifestazione indetta dal PCI di Isernia
di Ugo Baduel
ISERNIA, dicembre
Un sottile, immobile cerchio di persone silenziose intorno al nudo cippo bianco, nel mezzo della vigna: nella neve alta, con un cielo cristallino, i compagni formano una corona colorata - il verde degli eskimo, il marrone scuro del giacconi contadini, il rosso delle quattro bandiere, il tricolore - intorno al segno che ricorda il punto In cui cadde Giaime Pintor. Sono le quattro e mezza del pomeriggio del primo dicembre: proprio qui, in questo campo, alle cinque del mattino del primo dicembre di trent’annl fa, egli cadde dilaniato da una mina antiuomo mentre con altri quattro partigiani tentava di passare le linee verso Roma, dove lo aspettavano per avere armi e istruzioni.
Dopo trent’anni, la celebrazione di questo avvenimento della lotta partigiana ha voluto assumere un carattere particolare: a Castelnuovo al Volturno si è portata una corona sul cippo di Giaime; Lucio Lombardo Radice ha ricordato — nell'affollatissima aula della scuola materna del paese, la figura del militante intellettuale caduto in azione di guerra contro i tedeschi; il sindaco dc di Rocchetta al Volturno (di cui Castelnuovo è frazione) ha portato una commossa testimonianza; sono venuti rappresentanti della Regione e della Provincia. Una cerimonia priva di qualunque retorica, « alla Giaime », come ha detto qualcuno, cioè in quello stile mai ampolloso, mal sovrabbondante, asciutto e ricco di sapiente ironia che ricordano quanti hanno potuto conoscerlo. Una manifestazione unitaria, tesa, cui hanno partecipato esponenti della DC. del PSI e del PCI, i giovani del movimento studentesco, i contadini montanari, le donne del paese che ancora Io ricordano e che sempre, in questi trenta anni, hanno continuato a considerare Giaime come uno di loro.
Luigi Pintor, il fratello cui Giaime indirizzò la famosa lettera-testamento del 28 novembre 1943, alla vigilia della Impresa, è in mezzo a quel cerchio sottile che si è formato intorno al cippo insieme al figlio, Giaime, e al nipote Marino. Fu Luigi che nel ’45 venne qui a dissotterrare il U corpo del fratello per trasportare la cassa con i suoi resti a Roma.
Il sindaco de di Rocchetta, Pontarelli, dice nel corso della manifestazione: « Se a distanza di anni bussiamo la porta di un cittadino di Castelnuovo, sentiamo parlare di Giaime Pintor, un nome che ricorre sulla bocca di tutti e che io stesso, assente all’epoca, ho avuto l’emozione di sentire ripetere sempre con un affetto e una passione commovente da questi nobili e austeri custodi della montagna ». E questo testimoniavano fisicamente gli abitanti di Castelnuovo venuti con naturalezza a commemorare un « loro » avvenimento, un figlio-maestro entrato nella tradizione popolare del luogo in cui è morto, un Pisacane (lo diciamo anche perchè Giaime, non per caso, proprio su Pisacane e la sua tragica crisi aveva scritto un Raggio) che aveva finalmente trovato amici e non nemici i contadini delle valli.
Ansia di riscossa
Dopo la morte di Giaime vi fu una dura rappresaglia tedesca, una intensificazione delle angherie, ma la reazione popolare fu fierissima. Ricordiamo ancora le parole di Pontarelli: « Giovani montanari, padri laboriosi e affettuosi che a un comodo riparo preferirono diventare portaordini, osservatori, porta munizioni e infermieri, che seppero dire di no all’invasore, che si rifiutarono di consegnare il bestiame e le indispensabili riserve di viveri, che preferirono pagare con la vita la loro ansia di riscossa ». E qui i nomi: i fratelli Giannini, Italo Pizzuto, Gino Padula, Antonio Giannini, Teodoro Pontarelli, Salvatore Mele, Giovanni Rufo, Antonio Martino, Donato Castrataro, Assunta Di Silvestro, Giuseppe Maniscalco, Domenico Martino. Nomi di suono molisano, uomini che realizzarono quella saldatura fra il fronte militare del Sud e le avanguardie partigiane laziali che Pintor aveva indicato (sul suo percorso passò poi la maggior parte dei « corrieri » partigiani).
La vita di Giaime, i suoi scritti, il suo retroterra culturale e politico, la storia di una generazione - una particolare generazione - che Lombardo Radice ha raccontato con voce piana, con venature umane intense, con accenti di dolore e di rigore che tenevano silenziosa e commossa l’assemblea di popolo. Lo stesso compagno Lucio Lombardo Radice, proprio quella mattina del 2 dicembre aveva pubblicato sull’Unità un profilo e una intima biografia di Giaime: l’ha ripetuta, diremmo che l’ha raccontata di nuovo ai cittadini di Castelnuovo a quelli venuti da Isernia, ai familiari (le sorelle Antonietta e Silvia, oltre a Luigi e i nipoti).
C’era il compagno Reicich marito di Antonietta. Cera Laura Ingrao sorella di Lombardo Radice. E riemergeva da quelle presenze e da quel discorso di serena, pudica evocazione. tutta una sottile e tenace trama di famiglie antifasciste romane, di famiglie borghesi che avevano prodotto figli comunisti. L’amicizia di Giaime con Alicata, con Natoli, con il più giovane degli Amendola, con Trombadori, con Muscetta; il racconto di quella giornata del '38 in cui si erano dati appuntamento al tennis e tutti, tranne Giaime che non era ancora un militante, vennero arrestati all’alba.
Egli cominciò a sentire allora che i tempi stringevano. Ha ricordato Lombardo Radice che Giaime una volta, nei giorni del 1937-38, aveva dichiarato discutendo con gii amici: « Io difendo le ragioni dell’uomo solo, della libertà di essere letterati o musicisti, la cospirazione non è per me, crea solo degli isolati. Voglio la mia libertà e mi deciderei a cospirare - e qui voleva fare un paradosso - solo il giorno in cui vedessi Benedetto Croce bastonato dai fascisti o si scatenasse una campagna contro gli ebrei».
Quei giorni vennero e Giaime fu coerente, ha ricordato Lombardo Radice. Lasciò da parte le sue eccellenti traduzioni di Rilke e divenne membro attivo di quello che aveva chiamato « il soviet romano », ironizzando sulla severità del suoi amici comunisti, cospiratori « carbonari ». Partecipò alla difesa di Roma e tenne importanti contatti fra ambienti militari e gli antifascisti: due ruoli diversi che egli vedeva ancora però inadeguati, lontani dal vero impegno che cercava.
In un biglietto del settembre del ’43 scrisse: «Carissimo, dopo avere fatto il diplomatico e per due giorni il pistolero, la cosa migliore che lo possa fare ora è di andare al sud»
Il biglietto fu ricordato da Mario Alleata cui era indirizzato, nel discorso commemorativo tenuto al Collegio romano il primo dicembre del 1944. La comunicazione era per « gli amici », che rappresentavano già la direzione comunista clandestina: Giorgio Amendola ricordò sull’« Unità » del 18 novembre 1948 di averlo visto alla vigilia della partenza, il 10 settembre, a piazza Colonna. Il suo incarico era di stabilire un contatto al Sud, a dicembre doveva tornare per riferire di quel contatto: Giaime Pintor era un compagno, un militante comunista.
A 24 anni - come ha detto Lombardo Radice - Pintor era già una figura di primo piano, un collegamento politico di rilievo. Amendola lo ricordava nel ’48 come un uomo sereno, pacato, legato alla realtà e ai movimenti politici effettivi: Lombardo Radice ha citato una sua frase: « Occorre di nuovo lottare contro il romanticismo per l’affermazione dei lumi della ragione ». II suo passaggio culturale al marxismo stava avvenendo sul terreno del rigore scientifico della ragione contro la logica barbara dell’irrazionale.
Al fratello Luigi aveva scritto nell’ultima lettera: « Musicisti e scrittori, dobbiamo rinunciare ai nostri privilegi per contribuire alla liberazione di tutti ». Ma aggiungeva con il suo consueto spirito: « Quanto a me, ti assicuro che l’idea di andare a fare il partigiano in questa stagione, mi diverte pochissimo; non ho mal apprezzato come ora i pregi delia vita civile e ho coscienza di essere un ottimo traduttore e un buon diplomatico, ma secondo ogni probabilità un mediocre partigiano. Tuttavia è l’unica possibilità aperta e l’accolgo ».
Come partigiano —anche qui un po’ sul serio un po’ per scherzare sulle amichevoli accuse degli amici — si scelse uno pseudonimo: Stille. E’ lo « stille » tedesco di Rilke. della canzone natalizia tedesca « stille nacht » e significa (sul vocabolario e nelle intenzioni di Giaime): «calma, tranquillità, silenzio, alla chetichella, di nascosto ». Un suo amico, della famiglia dei Kamenetzky che insieme alle altre formava il traliccio delle famiglie borghesi, ebree antifasciste che diedero un contributo alla resistenza romana, assunse quel nome dopo la morte di Giaime: Ugo Stille, corrispondente da anni del Corriere della Sera da New York.
I contadini e i giovani, studenti e operai (della Fiat di Termoli) hanno seguito con attenta partecipazione gli oratori che Illustravano la complessa personalità di Giaime Pintor e le ragioni della sua scelta.
La sera del 30 novembre
Un uomo ancora giovane, falegname, mi ha raccontato che quella sera del 30 novembre (lui aveva allora solo 15 anni) Giaime gli chiese di accompagnarli per attraversare i campi che si sapevano minati. « Gli dissi che era una pazzia, che era impossibile passare alla cieca, che le mine erano collegate da fili invisibili e risposi che non era ragionevole rischiare tanto ». Un mese dopo la morte di Giaime, in quegli stessi campi, quel ragazzo calpestò una mina, anzi vi cadde sopra, ma non successe nulla: la mina era bagnata, guasta.
Per iniziativa della Federazione del PCI è stato stampato per questa occasione un volumetto di 87 pagine dove stanno tutte le testimonianze di allora e di oggi e il lungo elenco delle opere che a soli 24 anni, e con quella drammatica realtà intorno, Giaime aveva pubblicato (dalla letteratura negli anni trenta, alla politica nei primi anni ’40). II « gruppo 38 », un gruppo di giovani di Isernia, ha pubblicato un foglio come inserto nel periodico locale con il testo di un articolo di Franco Rodano del 1948 («Giaime. un amico prezioso: questo è il termine per definirlo », c’è scritto fra l’altro).
Suona e rimbomba per echi lontani, anche imprevedibili oggi, quella ormai antica vicenda. Ha ricordato Lombardo Radice le parole di Giaime nella lettera al fratello: « Non c’è possibilità di salvezza nella neutralità e nell’isolamento» e lo ha affiancato a Eugenio Curiel come generazione, come tipo di formazione del nuovo intellettuale antifascista e presto comunista. Il giovane segretario della Federazione del PCI, Petrocelli. con poche parole davanti ai cippo nella vigna, ha ricordato che proprio quel primo dicembre del 1943, nella stessa mattinata in cui Giaime cadeva. Concetto Marchesi lanciava il suo appello ai giovani: l’appello ad uscire «da ogni neutralità».
Lucio Lombardo Radice ha detto: «Giaime Pintor ha lasciato scritto che nessuna perdita è irreparabile. Non è vero. Non sappiamo come e in che modo avrebbe sviluppato il suo lavoro, ma sappiamo di avere perso molto con la sua morte. Il sacrificio dà sempre del frutti, ma spetta a chi resta saperli utllluare ».
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