UN GERMOGLIO DI ROSA
di Marco Bocciarelli
Una mattina mi son svegliato, O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao, una mattina mi son svegliato e… e… non ti ho più trovata. Dove sei andata? Sei partita? E adesso noi come facciamo? Avevi chiesto a tutti di cantare una canzone e a tutte le tue donne un vestito rosso. Per conto mio oggi ho indossato una camicia rossa che sembro un garibaldino. Poi ho sentito tuo figlio Jacopo urlare che Dio esiste ed è femmina ma anche comunista. E il tuo compagno dire, in mezzo ad altri compagni (ma perché oggi ci si vergogna di chiamarci così tra di noi? Me lo sai spiegare? Come siamo diventati?), che, in questa giornata mesta e bigia, anche il sole stava facendo capolino tra le nubi (quando prima giocava a nascondino) per farti sapere che era d’accordo.
Poi ho capito. Ho capito che, come al solito, è stata una tua libera scelta. L’ho capito tardi. L’ho capito quando Dario, in quella piazza consacrata al Teatro in una Milano imbastardita, ha recitato il tuo ultimo racconto. Quando Dio, appena dopo la creazione, ha domandato ad Eva se voleva vivere in eterno oppure diventare un normale essere mortale ma prima conoscere ed amare, lei non ha avuto dubbi. Ed Eva eri tu, Franca, tu in quel giardino, tu con il tuo piglio, con la tua capacità di decidere da che parte stare, tu che coltivando, come una piantina delicata, il dubbio non avevi mai avuto dubbi.
Insomma tu hai sempre scelto la mela avvelenata. E il serpente era il tuo compare. Hai ragione, altrimenti che si vive a fare? Qualche volta ti ho incontrata, decisa, dolce, anche un pochino vanitosa (Sto bene così? Dicevi una sera mentre ti controllavi il trucco), sfrontata. Qualche volta ti ho ascoltato da lontano, magari seduto in una sedia di Teatro, ma eri sempre tu, grande sciantosa.
E adesso senza di te cosa facciamo? Sorella, perché ci hai abbandonato? Ma sono sicuro che nel tuo requiem, come in quello di un altro grande uomo che ci ha abbandonato di recente, non c’è assenza perché non c’è differenza tra i morti e i vivi, tra i tempi presenti e quelli passati. In quella dimensione della letteratura, dell’arte, del Teatro, tutto è possibile. E allora ci rincontreremo laggiù, in una piega del tempo dove le strade di terra si toccano a formare un crocicchio, per andare a bere un buon bicchiere di vino parlando di Teatro e Rivoluzione finché qualcuno non ci fermerà, metterà le mani nel suo zaino miracoloso e ti donerà un germoglio di rosa.
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