È morto a Parigi K.S. Karol
E' morto a Parigi Karol Kewes Karol, compagno di Rossana Rossanda.
K.S. Karol era nato a in Polonia, a Łódź, nel 1924.
Inviato de L’Express e de Le Nouvel Observateur ha scritto sul manifesto fin dal primo numero.
Già nella prima pagina del 28 aprile 1971 c’era una sua storica “corrispondenza dalle basi rosse di Mao”: Nelle risaie del Kiangsi a colloquio coi contadini sulla guerra indocinese e i rapporti con l’America.
Tra i suoi libri tradotti in italiano: La Polonia da Pilsudski a Gomulka (1959), La Cina di Mao, L’altro comunismo (1967), La guerriglia al potere. Itinerari politici della Rivoluzione cubana (1971), La seconda rivoluzione cinese (1974), Solik. Peripezie di un giovane polacco nella Russia in guerra (1985).
A Rossana un abbraccio forte dal collettivo del manifesto.
editoriale de il manifesto del 11 aprile 2014
K. S. KAROL, MAESTRO DI VITA E DI SCRITTURA di Valentino Parlato
ESPERTO E ROSSO di Luciana Castellina
IL RICORDO DI KAROL IN FRANCIA:
"MAI SCESO A COMPROMESSI"
di Anna Maria Merlo da Parigi
LE PERIPEZIE DI KAROL
ATTRAVERSO LE UTOPIE E LE TRAGEDIE DEL XX SECOLO
di Guido Moltedo
Per K. S. Karol
Tommaso Di Francesco - 14 aprile 2014
Con quella voce slava e latina
interrogavi, quoi?, la mattina,
dicevi nel saper fare francese
i dubbi della stagione cinese,
aspettavi con sangue spagnolo
la ragazza del secolo che c’è,
breve, perché umana è la durata.
Ancora il mondo porta il segno
profanato dell’esperimento profano.
T’ho invidiato la serena voce
nell’inquietudine del tempo,
il sale necessario del sorriso.
E l’eleganza di guardare assieme
perché fosse come da cavallo.
Tu sei esistito e non si interrompe
per la persa luce degli occhi
e l’incavo del buio che giacevi.
Esisti, lei con amore t’ha prestato
l’orizzonte del corpo limitato.
Esisti, hai lavorato a fare docile
la barra della storia alla ragione.
Sei l’unico impermeabile di Bogart
rimasto, che dentro protegga
l’infanzia d’una guardia rossa.
CARA ROSSANA, KAROL GIA' CI MANCA
K. S. Karol 1924 - 2014. Un «progressista anti-totalitario», che all’epoca voleva dire comunisteggiante antibolscevico. Karol detesta gli stalinisti ma ancor più gli anticomunisti. Il testo dell'orazione funebre di Jean Daniel.
28 aprile 1971. A tu per tu con i contadini cinesi nella Comune della prima base rossa di Mao Tse Tung. Il reportage di K.S. Karol dalla Cina pubblicato sul primo numero de «il manifesto» il 28 Aprile 1971
Nelle risaie del Kiangsi tra i contadini sulla guerra indocinese e i rapporti con l'America
Shangay - La stampa di provincia cinese è letteralmente invasa dal primo anniversario del «vertice» indocinese d’un anno fa e dalle manifestazioni contro la guerra a Washington. Le stazioni-radio locali cominciano a commentare questi avvenimenti alle sei del mattino, in modo che i membri delle comuni e i lavoratori delle fabbriche possano discuterne prima di iniziare il lavoro.
Ho visto come avviene questa diffusione a tappeto delle grandi notizie assai lontano dai centri urbani, nella regione di Chin Kang Shan, nella provincia del Kiangsi. Qui, in questi villaggi un tempo inaccessibili, è vissuta dal 1927 al 1929 la prima base comunista in Cina.
Oggi qualche strada permette di aggiungere i borghi nei quali Mao Tse-tung raccolse le sue prime truppe, vivendo in una povertà difficile da immaginare. Ma la regione non è solo meta di pellegrinaggi politici; come dovunque nelle campagne della Cina sudorientale, è impegnata nella produzione agricola e nello sforzo di auto-industrializzazione. Ci sono giovani dappertutto; e dovunque mi sono imbattuto in quadri venuti dalle città, anche da Shanghai, per vivere fra i contadini e rieducarsi ideologicamente. (…)
Tornati a confondersi con le masse, e alcuni – a quanto sembra – per restarvi a lungo, costoro, e soprattutto i giovani, hanno portato con sé insieme cultura e passione politica. Abbiamo discusso del recente incontro di ping-pong e del suo significato come se fossimo a Pechino e non sprofondati nella campagna più sperduta. Secondo loro, gli sviluppi dell’ultimo anno in Indocina dimostrano la giustezza della strategia dell’accerchiamento delle città da parte delle campagne, formulata da Lin Piao nel 1965. Le sconfitte americane nel Vietnam non soltanto hanno agguerrito i popoli indocinesi, ma hanno creato una situazione nuova negli Stati Uniti, dove l’opposizione popolare è ora più forte che non sia mai stata. Il fatto che (…) a Washington Nixon sia stato costretto ad allontanarsi dalla Casa Bianca per sfuggire ai manifestanti, è visto come un simbolo.
Tuttavia da questa analisi ottimista non ne derivano che in Cina si attenda un ritiro indolore delle truppe americane dal sud-est asiatico. Anzi, le dichiarazioni di Nixon sull’evacuazione delle truppe di terra dal Vietnam sono definite un complotto per imbrogliare gli americani e l’opinione mondiale.
Le cosiddette «aperture» verso la Cina o le proposte di pace sono considerate alla stessa stregua. In realtà, l’imperialismo americano prepara nuove forme di escalation e la Cina non si sente meno minacciata oggi di ieri. Continuano dunque senza sosta i preparativi di difesa e dovunque, anche in campagna, non si è smesso di scavare rifugi antiaerei e di organizzare la vita in previsione di una guerra. L’arrivo di molta gente dalle città permette d’altronde alle comuni di liberare la manodopera necessaria a grandi opere di ogni tipo, anche nel pieno della stagione agricola.
Ho raccontato ai miei interlocutori, i quali non vedono i giornali e non sentono la radio degli altri paesi, che in Europa si discute molto del nuovo orientamento del governo cinese, e che si da grande rilievo all’invito ai campioni di ping-pong e al fatto che i giornalisti americani siano stati ammessi in Cina. Avevano una risposta pronta. La politica della Cina – a loro avviso – si sviluppa su tre piani: rapporti fra gli stati, rapporti fra i popoli, rapporti fra i partiti marxisti-leninisti. Per ciascuno di questi settori esiste a Pechino una organizzazione apposita. (…) Per quanto riguarda i rapporti fra gli stati, la Cina si attiene alla regola della non ingerenza negli affari interni. Per quanto riguarda la necessità di allargare l’amicizia fra i popoli, la Cina non dimentica che la definizione di Mao esclude dal «popolo» i nemici di classe. Infine, per quanto riguarda i partiti, il partito comunista cinese rifiuta la funzione di «partito-padre», che col pretesto di aiutare e consigliare i piccoli ne assume in fatto la direzione e li utilizza ai propri fini. Vista sotto questo profilo, la recente apertura ai giocatori americani di ping-pong non significa altro che un rafforzamento dell’amicizia col popolo americano e un indebolimento, quindi, del campo imperialista. (…)
Nessuno di coloro che ho incontrato nelle risaie del Kiangsi aveva titolo per parlare a nome del governo o del partito, ma avevano tutti idee molto precise sui punti in discussione. Ognuno di loro sa con certezza — mi hanno detto — che il gruppo dirigente cinese non si discosterà dalle direttive di Mao Tse-tung; e questo, se non esclude il ricorso alla tattica, non permette però alcuna deviazione da una strategia rivoluzionaria e internazionalista. Per meglio convincermi, mi invitavano a guardarmi attorno, in questi villaggi di Maoting o Tsepin, dove, cominciando dal niente, un piccolo nucleo rosso armato ha cominciato un processo che, ventidue anni dopo, avrebbe portatoc a fare una repubblica popolare del più popoloso paese del mondo. «Seguendo l’orientamento di Mao abbiamo vinto finora. Come potete dubitare che i nostri dirigenti, e noi tutti, non lo seguiremo sempre anche per l’avvenire?». Così terminavano le nostre discussioni, mentre si sentiva cantare l’internazionale, che nei villaggi della provincia del Kiangsi, e in tutta la Cina, segna la fine della lunga giornata di lavoro.
(copyright il manifesto e Le Nouvel Observateur)
LA STAMPA ITALIANA
Addio a K.S.Karol dissidente generosoPolacco, giornalista, aveva 90 anni. Fuggì i nazisti e gli stalinistidi Wlodk Goldkorn Repubblica 11.4.14
K.S. Karol ha sempre creduto nella possibilità, anzi nella necessità di costruire «il socialismo dal volto umano», un comunismo diverso da quello sovietico. Questa convinzione è stata la sua forza, ma anche, il limite. Era nato nel 1924, in Polonia, a Lodz. È morto ieri a Parigi, dopo anni di malattia. È stato compagno di vita e di molte battaglie di Rossana Rossanda.
Con lei ha condiviso l’impegno giornalistico sulle pagine del Manifesto.
In realtà K. S. Karol si chiamava Karol Kewes. Il padre era commerciante a Rostov in Russia, ma si trasferì in Polonia con la moglie per fuggire dai bolscevichi. Bilingue, Karol ha sempre amato la cultura e la letteratura russe. Ma, frequentando scuole cattoliche, era diventato un patriota polacco. Allo scoppio della seconda guerra mondiale si arruolò nell'esercito per combattere i nazisti. Ecco: il coraggio, non solo intellettuale, ma prima di tutto fisico è una caratteristica che Karol ha preservato durante tutta la vita.
E siccome non voleva vivere sotto l'occupazione tedesca, fuggì in Urss.
Parlava con troppa libertà e finì deportato in Siberia. Fuggì. Si arruolò nell'Armata rossa. Venne ferito. Poi di nuovo imprigionato in un campo di lavoro e infine mandato a fare l'operaio in fabbrica. Quel periodo lo ha descritto in un libro bellissimo, Solik( Einaudi). Finita la guerra, tornò in Polonia e visto il disastro dello stalinismo, si trasferì in Inghilterra e poi in Francia.
Cominciò la carriera di giornalista e fu tra i fondatori del Nouvel Observateur. Rimase affascinato dalla rivoluzione cubana e dal comunismo cinese.
Non gli piacevano gli eccessi del maoismo, ma ne apprezzava la critica all'Urss.
Rimase sempre legato alla sua Polonia. Un giorno, era il 1979, tornato da un viaggio a Varsavia, raccontava quanto non gli piacesse “la deriva nazionalista” dei dissidenti di sinistra. Ma poi continuò a sostenerli. Perché era generoso, e perché pensava che la libertà fosse comunque il valore più importante.
È morto lo scrittore K. S. Karol Fu tra i fondatori del “manifesto”
La Stampa 11.4.14
E’ morto ieri a Parigi K. S. Karol, uno dei fondatori del «manifesto», compagno di Rossana Rossanda, a lungo inviato di Le Nouvel Observateur, polacco naturalizzato francese, partigiano, poi grande indagatore e critico dell’Unione sovietica. Karol è stato un intellettuale colto, raffinato, mai allineato su posizioni ortodosse in anni in cui facile non era per niente. Da ragazzo aveva studiato in Unione Sovietica, poi era tornato in Polonia ma aveva riattraversato le linee, sapendo che questo gli avrebbe fatto rischiare la vita, a combattere il regime. Fu ferito, finì ai lavori forzati in Siberia, ne uscì vivo. Un’eco di queste esperienza è in Solik, in cui racconta (anche) le sue vicende a cavallo della seconda guerra mondiale. Scrisse reportage memorabili per il manifesto su Cuba e il Vietnam. E’ considerato un maestro di scrittura al livello di Pintor. Il libro La guerriglia al potere gli valse tra i cubani l’appellativo di «servo della Cia». Si appassionò alla rivoluzione maoista – salvo poi ritrarsene. Dialogava con Fortini e Cesare Cases, denunciò, in un dialogo con Foucault, la tirannide sovietica.
Addio al giornalista Kewes Karol compagno di Rossana Rossanda
di A. Car. Corriere 11.4.14
Noto in Italia come firma del «Manifesto» e compagno di Rossana Rossanda, Kewes Karol veniva davvero da lontano, anche se Parigi, dove si è spento ieri, era diventata il suo approdo definitivo. Nato nel 1924 nella città polacca di Lódz, aveva vissuto in Polonia e in Urss, aveva conosciuto il Gulag e aveva combattuto nell’esercito di Stalin, per poi narrare quelle avventure nel libro Solik. Peripezie di un giovane polacco nella Russia in guerra (Feltrinelli, 1985). Emigrato in Occidente, si era affermato come giornalista esperto dei Paesi dell’Est ed era stato tra i fondatori della rivista «Le Nouvel Observateur».