Non vi è accordo unanime sulla sua data di nascita, ma la maggioranza opta da tempo per il 25 agosto 1911. Ragion per cui, è nella giornata di oggi che compie 100 anni il generale Vo Nguyen Giap, lo stratega e organizzatore che combatté il fascismo giapponese in Indocina (1942-45), portò l’esercito del Viemihn ad annichilire il colonialismo francese (Dien Bien Phu, 1954), diresse per lunghi anni la guerra contro l’imperialismo USA fino all’umiliante disfatta di quest’ultimo (Saigon, 1975) ed ebbe un ruolo-chiave nella deposizione del regime di Pol Pot in Cambogia (invasione militare del 1978).
Il blog che state leggendo – come la newsletter da cui deriva – è stato battezzato “Giap” in omaggio alla vittoria di Dien Bien Phu e all’uso allegorico che ne faceva il Luther Blissett Project.
Nel Vietnam del 2011, Giap è ovviamente considerato un “padre della patria” e riverito come tale (oggi si assisterà a un bombardamento di feste, parate, discorsi e inaugurazioni di monumenti), ma è tutt’altro che una figura aconflittuale: nel corso degli anni non ha risparmiato aspre critiche al Politburo, fino a schierarsi coi movimenti ecologisti contro il governo, colpevole di aver concesso alla Cina di estrarre bauxite negli altopiani del Vietnam centrale, a costi elevatissimi per l’ambiente e senza creare posti di lavoro per la popolazione locale. Questa protesta, espressa alla veneranda età di 98 anni, è stata definita “l’ultima battaglia del generale Giap”.
Sia chiaro: per noi “Giap” non è tanto la Grande Personalità, il Nome Famoso, l’Eroe, il “battilocchio” la cui contemplazione distoglierebbe lo sguardo dai processi collettivi e di lungo corso. Al contrario, per noi “Giap” è molteplicità, “Giap” sta per le miriadi di persone che, ciascuna a suo modo, hanno contribuito alla decolonizzazione, alla lotta planetaria contro razzismo e colonialismo, alla presa di coscienza degli spossessati di vaste aree del mondo. Per noi “Giap” è il secolo, la parte del XX secolo che vale la pena continuare a interrogare, con spirito critico ma senza revisionismi cialtroneschi. Né replicare né rinnegare, assumersi la responsabilità del phylum che ci porta all’oggi, senza affannarsi a strappare pagine dall’album di famiglia per paura che le vedano gli sbirri della memoria. Vengano pure a perquisirci: noi non abbiamo vergogne.
Del generale abbiamo scritto diverse volte: poco tempo fa abbiamo annunciato la riedizione del suo libro Masse armate ed esercito regolare – che nel frattempo, ci dicono, ha quasi esaurito la tiratura – e ricordato quando e dove il suo molteplice nome compare nei nostri libri. Oggi evitiamo di ripeterci, e vi proponiamo invece alcuni video. Buon compleanno, compagno Giap!
Un testo di Vo Nguyen Giap edito in Italia da Feltrinelli
GUERRA DEL POPOLO
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Prefazione di Ernesto "Che" Guevara all'edizione cubana
È per noi un altissimo onore premettere poche parole a questo libro basato sugli scritti del generale Vo Nguyen Giap, attualmente vice-primo ministro, ministro della difesa nazionale e comandante in capo dell'esercito popolare della Repubblica Democratica del Viet Nam. Il generale Giap parla con l'autorità che gli conferiscono la sua lunga esperienza personale e quella del Partito nella lotta di liberazione. Quest'opera, che ha di per sé un'attualità permanente, riveste il massimo interesse in considerazione della tumultuosa serie di avvenimenti verificatisi in questi ultimi tempi in quella regione dell'Asia, e delle controversie sorte sull'adeguato ricorso alla lotta armata come mezzo per risolvere le contraddizioni insanabili esistenti tra sfruttatori e sfruttati in determinate situazioni storiche.
I combattimenti che sostennero con tanto successo e per lunghissimi anni gli eserciti eroici e l'intero popolo del Viet Nam, si ripetono ora; il Viet Nam del Sud è sul piede di guerra; la parte del paese tornata al suo legittimo padrone, il popolo vietnamita, è sempre più prossima alla vittoria. Anche quando i nemici imperialisti minacciano l'invio di migliaia di uomini, i temerari parlano dell'impiego dell'arma atomica tattica e il generale Taylor viene nominato ambasciatore presso la cosiddetta "Repubblica del Viet Nam del Sud," nonché, tacitamente, comandante supremo delle forze che tenteranno di liquidare la guerra del popolo; anche così nulla potrà impedire la loro disfatta. A brevissima distanza, nel Laos, è scoppiata la guerra civile, provocata sempre dalle manovre dei nordamericani, sostenuti, in un modo o nell'altro, dagli alleati di sempre, mentre il regno neutrale di Cambogia, che fa parte, come i fratelli Laos e Viet Nam, della cosiddetta ex-Indocina Francese, è oggetto di violazioni di frontiera e di attacchi permanenti, a motivo della sua salda posizione di difesa della neutralità e del proprio diritto a vivere da nazione sovrana.
Per tutti questi motivi l'opera che presentiamo varca i limiti di un semplice episodio storico determinato, per acquistare validità per tutta quella zona; e, inoltre, i problemi che il libro suscita hanno un'importanza tutta particolare per la maggior parte dei popoli dell'America Latina sottoposti al dominio dell'imperialismo nordamericano, senza contare l'enorme interesse che potrebbe avere la sua conoscenza per tutti i popoli dell'Africa, che di giorno in giorno sostengono lotte sempre più aspre, ma sempre ripetutamente vittoriose, contro colonialisti d'ogni specie.
Il Viet Nam ha caratteristiche tutte sue particolari; una civiltà antichissima e una lunga tradizione di regno indipendente, con tratti distintivi propri e con una cultura autonoma. Nella prospettiva della sua storia millenaria, l'episodio del colonialismo francese non è che una goccia d'acqua. Indubbiamente le sue qualità fondamentali e quelle opposte dell'aggressore sono analoghe, in linea di massima, alle contraddizioni insanabili che si presentano in tutto il inondo soggetto, e analoghe sono le forme di soluzione; Cuba, senza conoscere questi scritti, né gli altri che sono apparsi con la narrazione delle esperienze della rivoluzione cinese, iniziò il cammino della sua liberazione con metodi simili e con il successo che oggi è dato a tutti di vedere.
Quest'opera, perciò, pone questioni di interesse generale per il mondo in lotta per la propria liberazione. Si possono riassumere così: la fattibilità della lotta armata in condizioni particolari che abbiano annullato i metodi pacifici della lotta di liberazione; di che genere la lotta armata debba essere in località con ampie estensioni di terreno favorevole alla guerra di guerriglia e con popolazione contadina maggioritaria o comunque ingente.
Benché il libro sia basato su una ricompilazione di vari articoli, una sua certa unità è innegabile, mentre certe ripetizioni non fanno che apportare un maggior vigore all'insieme.
Nel testo si tratta della guerra di liberazione del popolo vietnamita; della definizione di questa lotta come guerra del popolo e del suo braccio esecutivo come esercito del popolo; dell'esposizione delle grandi esperienze del Partito nella direzione della lotta armata e nell'organizzazione delle forze armate rivoluzionarie. Il capitolo conclusivo tratta dell'episodio definitivo della contesa, Dien Bien Phu, in cui le forze di liberazione si qualificano maggiormente e passano alla guerra di posizione, sbaragliando anche su questo terreno il nemico imperialista.
L'opera si apre con la narrazione di come, al termine della guerra mondiale conclusasi con il trionfo dell'Unione Sovietica e delle potenze alleate d'Occidente, la Francia si beffò di tutti gli accordi, creando una situazione di tensione estrema in tutto il paese. I metodi pacifici e razionali di risolvere le controversie dimostrarono sempre più la loro inutilità, finché il popolo non imboccò la strada della lotta armata in cui, date le caratteristiche del paese, il maggior ruolo toccò ai contadini. Era infatti una guerra di caratteristiche contadine, per i luoghi fondamentali dell'azione e per la composizione fondamentale dell'esercito, ma era una guerra diretta dall'ideologia del proletariato, confermando ancora una volta l'alleanza operaia-contadina come fattore fondamentale della vittoria. Anche se nei primi momenti, a motivo delle caratteristiche della lotta anticolonialista e antimperialista, si trattò di una lotta di tutto il popolo e di una gran moltitudine di persone la cui estrazione non corrispondeva esattamente alle definizioni classiche del contadino povero o dell'operaio, tuttavia si inseriva ottimamente nella lotta di liberazione; un po' per volta si vennero a definire i rispettivi campi e cominciò la lotta antifeudale, che intanto acquistava il suo autentico carattere antimperialista, anticolonialista e antifeudale, dando come risultato l'instaurarsi di una rivoluzione socialista.
La lotta di massa fu utilizzata in tutto il corso della guerra dal Partito vietnamita. Fu utilizzata, in primo luogo, perché la guerra di guerriglia non è altro che un'espressione della lotta di massa e non la si può pensare isolata dal suo mezzo naturale, che è il popolo; guerriglia, in questo caso, significa l'avamposto numericamente inferiore della gran maggioranza del popolo che non possiede armi, ma che, nella sua avanguardia, appunto, esprime la volontà del trionfo. La lotta di massa fu inoltre utilizzata nelle città, in ogni momento, come arma imprescindibile per lo sviluppo della lotta; è anche importante far notare che mai, in tutto il corso dell'azione per la liberazione del popolo vietnamita, la lotta di massa abdicò minimamente ai suoi diritti per accogliere determinate concessioni del regime; non parlamentò mai su mutue concessioni, chiari la necessità di ottenere determinate libertà e determinate garanzie senza alcuna contropartita, evitando cosi che in molti settori la guerra si facesse anche più crudele di quanto già non la rendessero i colonialisti francesi. Questo significato della lotta di massa nel suo carattere dinamico, senza compromessi, dà un'importanza fondamentale alla comprensione del problema della lotta di liberazione nell'America Latina.
Il marxismo fu applicato coerentemente alla situazione storica concreta del Vietnam e proprio per questo i vietnamiti, guidati da un Partito d'avanguardia, fedele al suo popolo e conseguente nella sua dottrina, strapparono una vittoria tanto clamorosa contro gli imperialisti.
Le caratteristiche della lotta, il fatto cioè di dover cedere terreno e attendere molti anni prima di vedere il frutto della vittoria finale, con alti e bassi, flussi e riflussi, sono quelle tipiche di una guerra prolungata.
Per tutto il tempo della lotta si può dire che il fronte si sia trovato dov'era il nemico; a un dato momento il nemico occupava quasi tutto il paese e il fronte era disseminato in tutti i punti dove si trovava il nemico; in seguito si ebbe una delimitazione delle linee di combattimento e allora si ebbe un fronte principale, ma la retroguardia nemica costituiva costantemente un altro terreno di battaglia per le bande in lotta, tanto che la guerra fu totale e mai i colonialisti riuscirono a mobilitare agevolmente, su un solido terreno-base, le proprie truppe d'aggressione contro le zone liberate.
La parola d'ordine "dinamismo, iniziativa, mobilità, decisione istantanea di fronte alle situazioni nuove," è la somma sintesi della tattica guerrigliera e in queste poche parole si esprime tutta la difficilissima arte della guerra popolare.
In certi momenti le nuove guerriglie, organizzatesi sotto la direzione del Partito, si trovavano però in luoghi in cui la penetrazione francese era fortissima e la popolazione era terrorizzata; in questi casi veniva costantemente praticata quella che i vietnamiti chiamano "la propaganda armata." La propaganda armata non è altro che la presenza delle forze di liberazione in determinati luoghi allo scopo di dimostrare il proprio potere e la propria imbattibilità, immerse nel gran mare del popolo come il pesce nell'acqua. La propaganda armata, perpetuandosi nella zona, catalizzava le masse con la sua presenza e rivoluzionava immediatamente la regione, acquistando nuovi territori da aggiungere a quelli già in mano all'esercito del popolo. E fu così che proliferarono le basi e le zone guerrigliere in tutto il territorio vietnamita; in questo caso la tattica si riassumeva in una parola d'ordine che si può esprimere così: se il nemico si concentra, perde terreno, se si disperde, perde forza; nel momento in cui il nemico si concentra per attaccare di prepotenza, bisogna contrattaccare in tutti i luoghi in cui il nemico ha dovuto rinunciare all'impiego sparso delle proprie forze; se il nemico si volge ad occupare determinate località a piccoli gruppi, il contrattacco avrà luogo a seconda della correlazione in atto in quelle località, ma ancora una volta la forza fondamentale dell'urto nemico si troverà dispersa. Questo è uno degli insegnamenti base che si possono ricavare dalla guerra di liberazione del popolo vietnamita.
Durante la lotta si sono avute tre fasi che, in genere, caratterizzano lo sviluppo della guerra del popolo; si comincia con guerriglie di piccola entità, di straordinaria mobilità, perfettamente diluibili nella geografia fisica e umana della regione; col passar del tempo si producono processi quantitativi che, a un dato momento, danno luogo al salto qualitativo che è la guerra di movimento. A questo punto si hanno in azione gruppi più compatti, che dominano intere zone, e, per quanto dispongano di mezzi maggiori e di una miglior capacità di colpire il nemico, la mobilità resta pur sempre la loro caratteristica fondamentale. Passato un altro periodo di tempo, quando siano maturate le condizioni opportune, si giunge alla tappa conclusiva della lotta, cioè al momento in cui l'esercito si consolida, arrivando persino alla guerra di posizione, come accadde appunto a Dien Bien Phu, puntello della dittatura coloniale.
Nel corso della contesa che, dialetticamente, si sviluppa fino a culminare, con l'attacco a Dien Bien Phu, nella guerra di posizione, si creano zone liberate o semiliberate dal nemico che vengono così a costituire territori dì autodifesa. L'autodifesa è concepita dai vietnamiti anche in senso attivo, come parte di un'unica lotta contro il nemico; le zone di autodifesa si possono difendere da sole contro attacchi di portata limitata, fornendo intanto uomini all'esercito del popolo, mantenendo la sicurezza interna alla regione, mantenendo la produzione e assicurando gli approvvigionamenti alla linea del fronte. L'autodifesa non è che una minima parte di un insieme, ma con caratteristiche speciali: non si potrà mai considerare la zona di autodifesa come un punto a sé stante, ossia, come una regione in cui le forze popolari tentano di difendersi dagli attacchi del nemico mentre tutto il territorio esterno a tale zona resta calmo e tranquillo. Se così accadesse, il focolaio verrebbe agevolmente localizzato, attanagliato e soffocato, a meno che non si passi immediatamente alla prima fase della guerra di popolo, cioè alla lotta delle guerriglie.
Come s'è già detto, tutto il processo della lotta vietnamita dovette basarsi soprattutto sui contadini. In un primo momento la lotta, senza una definizione chiara nei suoi contorni, veniva condotta esclusivamente nell'interesse della liberazione nazionale, ma, un po' alla volta, cominciarono a delimitarsi i vari campi, e la lotta si trasformò in una tipica guerra contadina, mentre si fissava la riforma agraria e si venivano approfondendo le contraddizioni e, anche, la forza dell'esercito del popolo; si ebbe insomma la manifestazione della lotta di classe all'interno della società in guerra. La guerra era diretta dal Partito al fine di annullare la maggior quantità possibile di nemici e di sfruttare al massimo le contraddizioni con il colonialismo degli amici poco sicuri. E così, combinando accortamente le contraddizioni, il Partito riuscì ad approfittare di tutte le forze espresse da questi urti, in modo da conseguire il successo nel minor tempo possibile.
Il compagno Vo Nguyen Giap ci parla anche dello stretto vincolo che lega il Partito all'esercito, dicendoci come, in questa lotta, l'esercito non sia che una parte del Partito guida della lotta. Ci parla anche dello stretto legame esistente a sua volta tra l'esercito e il popolo; come l'esercito e il popolo non siano che la medesima cosa, il che si viene sempre più comprovando con la magnifica sintesi che soleva ricordare Camilo: "l'esercito è il popolo in uniforme." Il corpo armato, durante la lotta e dopo, ha dovuto adottare una tecnica nuova, una tecnica che permettesse di avere la meglio sulle nuove armi del nemico e di respingere ogni genere di offensiva.
Il soldato rivoluzionario ha una disciplina consapevole. Durante tutto il processo, egli si caratterizza essenzialmente per la propria autodisciplina. Intanto nell'esercito del popolo, rispettando tutte le norme dei codici militari, deve esserci una gran democrazia in-terna e una grande uguaglianza nella ripartizione dei beni necessari agli uomini nella lotta
In tutte queste trattazioni, il generale Nguyen Giap insegna ciò che noi già abbiamo avuto modo di conoscere per nostra propria esperienza, esperienza di cui ci si rende conto dopo qualche anno dalla conquista della vittoria da parte delle forze popolari vietnamite, ma che rafforza l'idea della necessità di una profonda analisi dei processi storici del momento attuale. Ciò deve essere fatto alla luce del marxismo, utilizzando tutta la sua capacità creativa, per poterlo adattare alle mutate circostanze dei vari paesi, in tutto dissimili tra loro nell'aspetto esteriore della conformazione, ma identici nella struttura colonizzata, nell'esistenza di un potere oppressivo imperialista e di una classe associata all'imperialismo con strettissimi vincoli. Dopo un'accurata analisi, il generale Giap giunge alla seguente conclusione: "Nell'attuale congiuntura mondiale, una nazione, anche se piccola e debole, che si levi come un solo uomo sotto la direzione della classe operaia per lottare risolutamente per l'indipendenza e la democrazia, è davvero in grado, moralmente e materialmente, di sconfiggere qualsiasi aggressore. In condizioni storiche determinate, questa lotta può conseguire il successo attraverso una lotta armata di lunga durata — la resistenza di lunga durata."
Queste parole sintetizzano le caratteristiche generali ché deve assumere la guerra di liberazione nei territori soggetti.
Crediamo che la miglior dichiarazione per concludere questa prefazione sia la medesima che usano gli editori di questo libro e che noi accettiamo in pie-no: "Tutti i nostri amici, come noi ancora soggetti alle mire e alle minacce dell'imperialismo, possono trarre da Guerra del popolo esercito del popolo, ciò che ne traiamo noi: nuove ragioni per credere e per sperare."
Comandante Ernesto "Che" Guevara
L'Avana, 1964
il manifesto - 10 ottobre 2013
ALESSANDRO PORTELLI RICORDA GIAP
Giap-Giap era il suono di un sogno e di un mito che era una persona e una storia. Era vivo, anche se dopo tanto tempo non sapevamo più se lottava insieme a noi, o se noi lottavamo ancora insieme a lui. Il Vietnam è stata una delle ultime volte in cui potevamo pensare di sapere da che parte stare, chi aveva torto e chi aveva ragione. Poi le cose si sono confuse, il Vietnam libero e rosso è stato diverso da come lo sognavamo, le tessere del «domino» sono cadute in direzione contraria a quella che immaginava la paranoia imperialista; ma il nome di Giap è indissolubilmente legato non solo a quel sogno ma soprattutto alla memoria di una volta almeno che «i nostri» hanno vinto. «Vietnam vince perché spara», abbiamo gridato. Giap aveva combattuto e vinto contro i francesi, i giapponesi e ora gli americani. Di quella rivoluzione, Ho Chi Minh era la saggezza e Giap era la forza. La sua morte lo riconduce dal mito alla storia, gli restituisce per intero il suo nome. La sua lunga vita ha attraversato tutto il secolo breve e gli ha dato forma. È stato un secolo in cui spesso i deboli hanno osato sfidare i potenti e qualche volta hanno vinto. Per questo i vincitori di oggi vogliono ossessivamente esorcizzare il Novecento. Ricordare Giap, sapere che è esistito, magari anche rivedere (modificare, ma tornare a vedere) certe nostre immagini di allora, ci aiuta a non pentirci e ad essere orgogliosi del nostro tempo. Dal 1993 Vo Nguyen Giap era cittadino onorario di Genzano antica cittadella rossa dei Castelli romani.