IL FEMMINISMO NEL PdUP
Con questo scritto iniziamo la raccolta di interventi al seminario di Ancona
di Lidia Menapace - 1 dicembre 2013
Lucio Magri era in effetti l'unico del "gruppo storico" del manifesto che abbia mai prestato una attenzione frequente al movimento femminista degli anni 70. Mi chiese di fare un paginone per il manifesto per un ottomarzo e poi un secondo, leggendo con precisione e approvando con la seguente testuale avvertenza: "vi servirebbe un Marx" forse gentilmente offrendosi. Ma replicai che non avevamo bisogno di un Marx, nemmeno donna, perché il femminismo costruisce se stesso e la sua teoria agendo politicamente (una punta di spontaneismo? si può discutere).
Nella recente straordinaria raccolta pubblicata col titolo: "Alla ricerca di un altro comunismo" Lucio cita più volte, sia pure di sfuggita, le donne come nuovo soggetto politico, di solito senza aggiungere altro, ma quando aggiunge qualcosa è sempre precisissimo e serio (ad esempio a proposito di aborto). Ciò va rilevato, poiché il rapporto tra femminismo e Nuova sinistra (come allora si chiamava) non fu certo idilliaco: basta ricordare la vicenda di Lotta continua. Ma Potere operaio, che pretendeva che le donne fossero "disponibili" a richiesta, era ben più rozzo: mi ricordo che una volta durante una assemblea a Roma alla Sapienza, buttarono dai banchi alti dell'anfiteatro preservativi pieni d'acqua e poi scapparono ridendo fragorosamente. Non cito nemmeno Servire il popolo, già allora detto Servire il pollo, che sosteneva essere dovere delle compagne soddisfare i compagni sessualmente per accrescere il loro ardore rivoluzionario, una specie di crocerossa.
Nel Pdup, a parte solo che non ci era consentito di autoconvocarci (ma lo facevamo lo stesso) agivamo nel movimento stando alla sua disciplina. Ogni tanto facevamo anche un qualche "numero" interno. Dal punto di vista organizzativo avevamo costruito un Coordinamento femminista autonomo del Pdup, che é una forma politica che viaggia tra le contraddizioni, essendo quasi impossibile coordinare delle femministe e fare una organizzazione insieme autonoma e di un partito. Ma a noi andava bene così e pensavamo che passare attraverso tutte le contraddizioni senza evitarle fosse un itinerario obbligato.
Se adesso volessi proseguire quella ricca riflessione, mi farei prima di tutto qualche domanda sul fatto che -tutto sommato- il Pci era collocato abbastanza avanti, avendo preso tutto ciò che in proposito poteva prendere dalla rivoluzione liberale, e vi aveva aggiunta una forma organizzativa come l'Udi, organizzazione di massa che raccoglieva comuniste socialiste repubblicane e cattoliche, aveva un settimanale Noi donne diffuso la domenica come l'Unità e che avviò o prese parte a tutte le lotte di emancipazione. Ma più avanti il Pci non riuscì ad andare e lo si vide a proposito di aborto e violenza sessuale e rientrò solo per la grande riforma del diritto di famiglia, che fu possibile perché la pressione e presenza delle donne fu generale . In questo contesto il Pdup (e noi compagne femministe) agì sempre come tramite tra il femminismo "borghese" e il movimento operaio.
Ora è tempo di pensare, in modo che sia possibile trovare, anche a proposito di movimento delle donne, un altro comunismo.
In proposito da tempo rifletto sulla necessità di ricordare oltre Marx anche Engels e di studiare Rosa , Zetkin. Collontay e altre, ma soprattutto di riprendere l'analisi da Engels, poco riconosciuto. In Italia fa più fine essere hegelomarxisti piuttosto che engelsiani (materialista ed evoluzionista), mentre proprio l'acuta riflessione sulla famiglia di Engels dà stimoli e spunti molto importanti, fino alla famosa definizione: nella famiglia l'uomo -quaisiasi uomo- "rappresenta" la borghesia, la donna-qualunque donna- "é" il proletariato. Un altro punto utile alla ricerca di un altro comunismo nasce da una presa di posizione dell'Assemblea generale delle N.U. , nella quale si osserva che le donne sono ormai stabilmente la maggioranza della popolazione su tutto il pianeta e in qualsiasi paese; alle donne soltanto é possible affidare e riconoscere il compito di regolare le nascite.
Da queste parole ho ricavato la convinzione che le donne che in tutto il mondo sono sottorappresentate, sfruttate e oppresse sono la parte maggioritaria del proletariato mondiale e che chi non riconosce ciò e non agisce di conseguenza non può dirsi comunista o socialista ma nemmeno democratico.
Le conseguenze di questa affermazione avvierebbero un processo rivoluzionario, se ci si opponesse fattivamente alla crisi capitalistica strutturale e globale e -a mio parere- finale, mentre si assiste passivamente al fatto che in soccorso accorre il patriarcato che rafforza il potere capitalistico, senza poter rimediare alla crisi come fece durante tutto il periodo nel quale la socialdemocrazia operò riformisticamente in Europa.
Oggi il mix capitalismo/patriarcato ci mette davanti al famoso dilemma luxemburghiano: socialismo o barbarie (di socialismo finora nemmeno l'ombra, ma la barbarie cresce davanti a noi ogni giorno).
Mi piacerebbe che ci occupassimo di ciò, mi sembrerebbe un buon modo di usare la memoria di Lucio, per rinnovare il deposito storico-culturale che il movimento operaio ha lasciato e che é stato in gran parte dilapidato o cancellato.
Lidia Menapace
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