La "via cilena al socialismo"
di Maurizio Matteuzzi
Non c'è solo l'11 settembre 2001 delle Torri gemelle newyorkesi.
Il golpe contro la Unidad Popular del presidente socialista Salvador Allende dell'11 settembre 1973 fu, e resta, un momento fondamentale di svolta nella storia mondiale, non solo del Cile, dell'America latina e, indirettamente, anche dell'Italia per via delle famose "Riflessioni" in cui il segretario del PCI Enrico Berlinguer elaborò la strategia del compromesso storico, partendo dalla tragedia cilena (o forse da prima, ma questo è un altro discorso).
Quelli fra il 4 settembre 1970 - quando Allende vinse d'un soffio le presidenziali sul conservatore Alessandri e il democristiano Tomic - e l'11 settembre 1973 - il giorno del golpe e del suicidio del "compañero Presidente" - furono mille giorni di passione e di fuoco. Anni convulsi, grandiosi e terribili.
Chissà perché capitò al Cile, paese periferico e dipendente (prima dal salnitro poi dal rame), di entrare nel ruolo di laboratorio sperimentale. Laboratorio politico, sociale, economico e anche culturale. Tre volte in mezzo secolo. Laboratorio dell'asfittico riformismo con Frei e la DC; laboratorio della "via cilena al socialismo" con Allende a la UP; laboratorio della dittatura militare più sanguinaria e del neo-liberismo più brutale con Pinochet e i Chicago boys.
Un'altra bizzarria che lo rendeva quasi unico in America latina e apparentemente simile all'Europa, fu che il Cile era "il paese dei tre terzi": un terzo di destra classica e oligarchica, il Partido Nacional; un terzo di centro, la Democrazia Cristiana; un terzo di sinistra, il PC e il Partito Socialista, vicini a Mosca ma anche al PCI di Togliatti i comunisti, vicinissimi a Cuba e lontani dalla socialdemocrazia europea i socialisti.
La "via cilena al socialismo" fu il tentativo, visionario e affascinante, confuso e contraddittorio, zeppo di errori al suo interno e implacabilmente osteggiato dalla destra cilena, dalle multinazionali USA (ITT, Anaconda, Kennecott, Ford, Bank of America...) e dalla CIA su ordine dell'accoppiata Nixon-Kissinger. Dal loro punto di vista c'era da capirli. Il Cile e "l'effetto Cile" erano un rischio inaccettabile, e fecero di tutto per evitare che la maggioranza del Congresso, ossia l'UP più la DC, insediasse Allende alla Moneda, come la storia democratica e legalista del Cile imponeva: "Un governo di Allende sarebbe peggiore di un governo Castro", disse l'ambasciatore a Santiago Edward Korry, e il consigliere per la sicurezza nazionale Henry Kissinger avvertì Nixon che "l'esempio di un governo marxista, democraticamente eletto, che avesse successo in Cile, avrebbe sicuramente un impatto e anche un valore di precedente in altre parti del mondo, soprattutto in Italia" . Dopo il golpe assai meno "spettacolare" del '64 in Brasile, il colpo di stato in Cile, con la sua forsennata ma scientifica brutalità diffusa per la prima volta in diretta tv, servì oltre che da monito, da battistrada per la nuova strategia fondata sulla dottrina per "la sicurezza nazionale" e del "nemico interno" che avrebbe presto sepolto per 20 anni tutti i paesi della regione sotto la cappa di notte e nebbia stesa dai militari.
Quello di Pinochet non fu una parentesi per la restaurazione dell'ordine precedente scosso o distrutto dalla UP (come credevano Frei e Aylwin). Al contrario fu un golpe di tipo nuovo che si proponeva di fondare - riuscendovi - un nuovo ordine giuridico, politico, sociale ed economico.
Ma il tragico epilogo di quegli epici mille giorni non fu solo opera di Nixon-Kissinger, delle loro multinazionali e dei loro amici e clienti cileni. Contribuirono anche gli errori, i contrasti, le contraddizioni dei partiti della UP e di Allende. L'incessante scontro interno fra falchi e colombe; fra Allende, il PC e un settore minoritario dei PS da un lato, e dall'altro il settore maggioritario guidato da Carlos Altamirano, Izquierda Cristiana e MAPU - scissioni da sinistra della DC , con la pressione esterna all'UP ma costante del MIR.; fra il "polo rivoluzionario" sostenitore della linea "avanzar sin transar" e il "polo riformista" del "consolidar para avanzar".
Fra la fine del 1970 e il 1971 i risultati furono eccellenti, a volte esaltanti. La riforma agraria, la nazionalizzazione del rame (all'unanimità, ultimo atto di collaborazione con la DC) e delle banche, l'aumento dei salari e un avvio di redistribuzione della ricchezza, la famosa "tazza di latte per ogni bambino cileno"... L''economia crebbe dell'8%, la produzione industriale del 14%, l'inflazione scese dal 35 al 22% e la disoccupazione dall'8 al 3.8%.
Ma con il '72 la morsa interna-esterna e l'asfissia politico-finanziaria cominciarono a mordere, l'economia rallentò, i prezzi ripartirono verso l'iper-inflazione, il boicottaggio provocò penuria e code, il salario reale perdeva il 15% del suo valore ogni mese. I 25 giorni di "paro" dei camionisti in ottobre furono il colpo finale.
I tentativi di Allende e dei comunisti di fermare l'irresistibile attrazione della DC verso la destra estrema in Congresso - dove l'UP restava in minoranza - fallirono irrimediabilmente nel maggio '73, quando la sinistra democristiana - i "dialoganti" Radomiro Tomic e Bernardo Leighton - dovettero cedere il controllo del partito alla destra di Frei-Aylwin, anch'essi contrari a ogni "transazione" con Allende e decisi a giocare la carta del golpe.
Il punto di non ritorno arrivò in agosto, con la risoluzione DC-PN in Congresso con cui il governo Allende veniva dichiarato "illegittimo" - procedura di impeachment anomala e quindi senza effetti giuridici ma dagli effetti politici chiarissimi - e con le dimissioni del generale Carlos Prats da ministro degli interni e da capo dell'esercito (sostituito dal "lealista" Pinochet).
Ormai l'unico obiettivo di Allende era evitare la guerra civile. Per questo era deciso a convocare un plebiscito - che sapeva di perdere - e a "invitare" la DC al governo. In ogni caso troppo tardi. L'11 mattina la Marina scatenò il golpe a Valparaiso e a metà giornata Allende era morto ed era tutto finito. La Unidad Popular e il suo popolo, annichiliti, non esistevano più e cominciavano il massacro e la vendetta.
Disse poi un esponente della UP: "vedevamo che il golpe stava arrivando e che sarebbe arrivato come in una tragedia greca in cui tutti sanno il finale ma nessuno può evitarlo o cambiarlo".
E' così? Si sa come andò a finire ma anche dopo 40 anni restano i dubbi e resta senza risposta, o con una risposta troppo facile, la domanda fatidica: era possibile una transizione morbida, pacifica, democratica, legale al socialismo?
Maurizio Matteuzzi - Roma 11 settembre 2013
"Le teorie di Milton Friedman gli sono valse il premio Nobel; al Cile hanno dato il generale Pinochet", recita uno dei fulminanti aforismi di Eduardo Galeano
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